Sant’Andrea Kim Tae-gŏn

I santi martiri coreani furono centotré membri della Chiesa, martirizzati in Corea tra il 1839 e il 1866. Tra di essi spiccano Andrea Kim Tae-gon, il primo presbitero sudcoreano martire.
Lui e gli altri 102 martiri testimoniarono coraggiosamente la fede cristiana, introdotta la prima volta con fervore in questo regno da alcuni laici e poi alimentata e consolidata dalla predicazione dei missionari e dalla celebrazione dei sacramenti. Tutti questi atleti di Cristo, di cui tre vescovi, otto sacerdoti e tutti gli altri laici, tra i quali alcuni coniugati altri no, vecchi, giovani e fanciulli, sottoposti al supplizio, consacrarono con il loro prezioso sangue gli inizi della Chiesa in Corea.

Sant’Andrea Kim Taegon nacque il 21 agosto 1821 in una nobile famiglia, gli yangban, della più importante classe sociale della Corea nel periodo della dinastia Joseon (1392-1910).
Il padre Ignazio Kim Che-jun, anch’egli cattolico e poi martire, lo allevò in un ambiente decisamente ispirato ai principi cristiani.
L’uomo aveva trasformato la sua casa in una chiesa domestica, ove affluivano i cristiani ed i neofiti della nuova fede per ricevere il battesimo.

Andrea aveva 15 anni quando ricevette il battesimo con il nome di Andrea da uno dei primi missionari francesi arrivati in Corea nel 1836.
Lo stesso anno fu inviato a Macao per prepararsi al sacerdozio. Ritornò in Corea come diacono nel 1844 per preparare l’entrata (in clandestinità) del vescovo francese monsignor Jean Joseph Ferréol: organizzò una imbarcazione con marinai cristiani e andò a prenderlo a Shanghai. Qui nel 1845 fu ordinato sacerdote.

In seguito, di nascosto, con un viaggio avventuroso, penetrò in Corea, dove lavorò insieme ai missionari in un clima di persecuzione.
Il suo apostolato fu agevolato delle capacità di comprendere la mentalità locale. Nel 1846 il vescovo Ferréol lo incaricò di far pervenire delle lettere in Europa, tramite il vescovo di Pechino, ma durante il viaggio fu casualmente scoperto ed arrestato.
Subì vari interrogatori e spostamenti di carcere e, nonostante fosse un nobile, avendo manifestato davanti al re e a tutti la fedeltà a Gesù Cristo rifiutandosi di apostatare, venne atrocemente torturato.
Venne decapitato il 16 settembre del 1846 a Seul; primo sacerdote martire della nascente Chiesa coreana.

Fu beatificato assieme a papà Ignazio il 25 luglio del 1925. Nel 1949 la Santa Sede lo nominò principale patrono dei sacerdoti cattolici coreani. Il 6 maggio 1984 fu canonizzato assieme al catechista Paolo Chong Ha-sang e altri centouno martiri coreani da papa Giovanni Paolo II a Seul, prima cerimonia di canonizzazione fuori della basilica di San Pietro in Vaticano.