Lettera dal Congo di Fr. Adolfo

Amare tutti senza amare nessuno in particolare…
Ecco – in sintesi – quello che ci dicevano negli ultimi giorni della preparazione missionaria a Bruxelles, prima di partire per la destinazione prevista.
E quando ce lo dicevano sembrava tutto così logico… come dire che due più due fa quattro.
Così logico ed evangelico andare per il mondo con il cuore pieno solo di Dio, curando i malati, guarendo i lebbrosi… senza legare il cuore in nessun luogo particolare.
Ma poi? Potrei dire davvero di aver amato? O non sarei stato forse un semplice funzionario del sacro, un uomo che ha rinunciato ad avere un cuore per essere solo un esecutore (più o meno) perfetto, fosse anche della Parola di Dio?
E come per tutte le altre cose, un conto è preparare il piano a tavolino, altro è fare i conti con la realtà, vissuta e condivisa 24 ore su 24 con dei fratelli e delle sorelle che il Signore ti ha dato.
Quando sono arrivato qui avevo in mente tutti quegli insegnamenti, soprattutto quelli legati all’affettività: attento a questo, attento a quello, non fare questo evita quello…
Ma quando vivi per tanti anni con delle persone, soprattutto con i più poveri, che il Signore stesso ha messo sul tuo sentiero, come fai ad amare in modo asettico? Come non affezionarsi a chi ti fa partecipe della sua vita, farli partecipi della tua, progettare insieme un futuro, soffrire insieme per i dispiaceri, gioire insieme per le buone riuscite, piangere insieme per le sconfitte?
Quando incontri una persona, questa comincia a far parte della tua vita, non può essere solo l’oggetto della tua carità o della tua azione evangelizzatrice. Anche lei è un soggetto, che è di fronte a te e con la quale stabilisci delle relazioni, anche profonde e personali. E anche lei è portatrice di una parola di Dio per te.
Già perché la Parola di Dio non è solo quella che leggiamo nella Bibbia. Alla lunga quella rischia di diventare archeologia se ci limitiamo alla lettera.
Ma se la “lettera” è compresa nello “Spirito” allora vediamo che dal principio Dio dice e fa.
Questo vuol dire che ciò che Dio ha fatto (tutto ciò che esiste) è una Parola di Dio, qualcosa che prima ancora di essere “creata” è stata “detta” da Dio.
La creazione è “il modo di parlare di Dio”. Ed è questa realtà che ci circonda – vivente o no, secondo i nostri canoni – la grande Parola di Dio. E se lo è nelle realtà (che noi consideriamo) inanimate (il cielo, le stelle, la terra…) così come in quelle dotate di vita (i fiori, gli alberi, gli animali…), quanto a maggior ragione per quella realtà che è la persona umana.
Questa gente, questa persona in particolare, questo giovane che è cresciuto con noi nel centro, questa vecchietta che vive da sola nel nostro quartiere… tutto ciò è una Parola che Dio oggi rivolge a me, che ne prenda coscienza o no.
Ma nel momento in cui me ne rendo conto, questa Parola mi chiama a una risposta non meno esigente di quella che posso leggere nei Vangeli. E come quella, anche questa mi pone il problema di un ascolto, di una interpretazione, di una contemplazione, di un’adorazione e infine di un’obbedienza. Ed ecco che allora la richiesta di chi mi è di fronte non è più la possibilità o no per me di fare la “carità” ma l’obbligo di essere fedele alla Parola di Dio.
Certamente anche qui ci vuole discernimento (dicevamo prima interpretazione), ma alla fine, in coscienza, devo con onestà capirne il senso e reagire.
Ed è così che l’amore diventa la risposta, ma sempre e comunque una risposta personale. Da persona a persona poiché la relazione si crea tra persone. E non posso più amare e spendere la vita per “la gente”, “i poveri”, o tutte le altre “categorie” che posso immaginare o mettere in preventivo negli anni di formazione, perché Dio non mi mette davanti delle categorie ma delle persone concrete … il che vuol dire che devo anche mettere in conto che altre persone probabilmente non le conoscerò, non le amerò… di altre persone non mi occuperò… non perché non ne abbia voglia, semplicemente perché non le ho incrociate, semplicemente perché il Signore non mi ha messo sul loro sentiero né messo loro sul mio. Fa male non poter fare qualcosa per tutti, ma se da una parte è segno del nostro limite (da accettare con buona pace perché io non sono Dio), dall’altro è anche rivelazione del nostro dovere: dovere di rispondere alla Parola che ci è data…
C’ erano molte vedove in Israele al tempo del profeta Elia, quando per tre anni e sei mesi non cadde alcuna goccia di pioggia ed una grande carestia dilagò per tutto il paese; a nessuna di loro però fu mandato il profeta Elia, ma solo ad una vedova di Zarepta, nella regione di Sidone. E c’ erano molti lebbrosi in Israele ai tempi del profeta Eliseo; eppure a nessuno di loro fu dato il dono della guarigione, ma solo a Naaman, il Siro» Lc 4:25-27.
Non è una questione di preferenza: il Signore mette sul nostro cammino dei fratelli e delle sorelle da amare. Potremmo fare tutti i grandi progetti per salvare l’umanità, e sarebbe ottimo farlo, ma ciò che rimarrà di noi saranno le relazioni personali e vere che avremo intessuto e la maniera con cui le avremo gestite.DSC_2294