Ultime dall’Africa (Nigeria, Centrafica, Gabon, Sud Sudan)

Qui di seguito riportiamo alcune notizie pubblicate da alcune agenzie nei giorni scorsi,
e riguardanti le attuali condizioni di alcune zone dell’Africa.

NIGERIA/Abuja – “Vogliamo vedere azioni concrete per riportare a case le ragazze rapite da Boko Haram” ha affermato il Cardinale John Onaiyekan, Arcivescovo di Abuja, in una dichiarazione alla Catholic News Agency. “È sconcertante vedere che il nostro Presidente sembri essere impotente. Dobbiamo ancora vedere azioni concrete. Fino ad ora non abbiamo sentito praticamente nulla di concreto sulla questione. Penso che ogni nigeriano sia preso alla sprovvista. Non possiamo spiegare cosa stia succedendo” ha affermato il Cardinale. Il caso delle oltre 200 studentesse rapite da Boko Haram il 14 aprile nel liceo di Chibok, nello Stato di Borno, nel nord-est della Nigeria, ha suscitato l’indignazione in tutto il mondo. Nelle ultime ore Boko Haram ha diffuso un video nel quale si annuncia la conversione all’islam delle studentesse rapite, la maggior parte delle quali sono di fede cristiana. Il capo di Boko Haram ha chiesto la liberazione degli appartenenti al movimento detenuti nelle carceri nigeriane in cambio del rilascio delle ragazze. (L.M.)

political-map-of-africaCENTRAFICA/Bangui (Agenzia Fides) – “La Repubblica Centrafricana è una prigione a cielo aperto, dove la libertà di movimento è condizionata come quella di parola” denuncia un comunicato del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Centrafricana.
Nel documento si denunciano le violenze commesse dai diversi gruppi armati che imperversano nel Paese: “l’LRA (Esercito di Resistenza del Signore di origine ugandese) che dilaga da anni nell’est, gli Anti balaka che perseguitano la popolazione civile e gli ex Seleka, appoggiati da mercenari ciadiani e sudanesi, determinati a riconquistare il potere con la forza”. Anche la Chiesa non è stata risparmiata dalla violenza e per ristabilire l’ordine, i Vescovi chiedono il disarmo dei gruppi illegali e il ristabilimento delle forze armate nazionali, con l’aiuto delle forze internazionali presenti nel Paese.
La drammatica crisi iniziata nel dicembre 2012 ha prodotto 838.000 sfollati interni dei quali 313.094 raggruppati in 66 campi nella sola capitale Bangui, 17.865 rifugiati in Centrafrica e 245.868 rifugiati centrafricani nei Paesi vicini, 31.196 stranieri evacuati dal Paese. Nel comunicato infine si denuncia che l’instabilità ha accresciuto lo sfruttamento illegale delle risorse del Paese da parte di quanti alimentano il conflitto.
“Abbiamo bisogno della solidarietà internazionale per far fronte alla peggiore crisi della nostra storia, ma questo non ci esonera dalla nostra responsabilità in quanto cittadini. Questa dichiarazione vuole essere un appello alla Presidente, al governo di transizione e alle forze internazionali che hanno ricevuto il mandato delle Nazioni Unite” conclude il messaggio. (L.M.) 

GABON/Libreville (Agenzia Fides) – Il 30% della popolazione gabonese vive sotto la soglia della povertà. In un Paese africano simili dati, comparati ad altri Paesi del continente, non dovrebbero creare allarme tuttavia risultano molto elevati dal momento che in Gabon vivono solo un milione e mezzo di persone e, oltre a disporre di elevati proventi ricavati dall’esportazione di manganese e legno, dagli anni ‘50 scorre petrolio in abbondanza. La situazione sociale in Gabon è seria. A rivelare questa realtà è uno studio recentemente pubblicato dal Governo nel quale emerge anche che 95 mila famiglie gabonesi vivono con meno di un dollaro al giorno. Oltre la metà della popolazione vive nella capitale, dove gli affitti sono esageratamente costosi, c’è un tasso molto elevato di disoccupazione che quotidianamente degenera nella delinquenza. Il Governo, a differenza di altri Paesi, prevede alcuni provvedimenti a favo re delle persone disabili. (AP) 

SUD SUDAN/Addis Abeba – Il Sud Sudan, dilaniato da cinque mesi di sanguinosa guerra civile, potrebbe essere vicino ad una svolta: i leader delle due fazioni in lotta, il presidente Salva Kiir e il suo ex vice Riek Machar (che oggi guida i ribelli), hanno infatti sottoscritto un impegno per cessare le ostilità. L’incontro ha visto i negoziati protrarsi per tutto il giorno e per la prima volta dall’inizio del conflitto i due personaggi si sono stretti la mano. Il Sud Sudan è divenuto uno stato indipendente da luglio 2011, ma da allora non ha ancora trovato pace: il conflitto, di matrice interetnica, ha prodotto da dicembre decine di migliaia di morti e più di un milione di sfollati. Sullo sfondo, la rivalità tra le tribù Dinka e Nuer, entrambe sanzionate dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite per i massacri perpetrati contro i civili e messe in guardia dal rischio di commettere genocidi. Il documento sottolinea che “un governo di transizione offre le migliori possibilità per il popolo del Sud Sudan” in vista di prossime elezioni, la cui data non è stata specificata. Inoltre, nel testo si annuncia “l’apertura di corridoi umanitari e la cooperazione con le agenzie e l’Onu per garantire gli aiuti in tutte le zone del Paese”. Il leader dei ribelli, Machar, che si era dato alla macchia dopo l’accusa di tentato colpo di Stato, si è dichiarato “contento che abbiamo firmato l’accordo”. Un documento analogo era stato sottoscritto dalle parti il 23 gennaio scorso sotto l’egida dell’Autorità intergovernativa per lo Sviluppo (Igad), ma non è mai stato rispettato.