SUD SUDAN – Firmato nuovo accordo di pace
Siglato in tarda nottata tra domenica e lunedì, il presidente del Sud Sudan Salva Kiir e l’ex vice presidente Riek Machar, oggi leader dei ribelli, hanno raggiunto l’ennesimo accordo di pace. Tale documento è da considerarsi tuttavia preliminare, un primo passo verso i colloqui definitivi che dovrebbero partire, salvo aspettabili sorprese, dal prossimo 20 febbraio.
Il delicato processo di ‘addio alle armi’ – idealmente già in corso dal cessate il fuoco del gennaio 2013, nel concreto più e più volte violato da una parte e dall’altra – è strettamente legato alla spartizione dei poteri tra le fazioni in guerra. Non a caso, infatti, l’accordo firmato la scorsa notte comincia a delineare i confini di un possibile governo ad interim condiviso, organo in cui Kiir continuerebbe ad avere il ruolo di capo dello Stato, mentre a Machar andrebbe nuovamente la poltrona di vice presidente. Tuttavia, soprattutto quest’ultimo sembra procedere con il freno a mano tirato: “È un accordo parziale, non abbiamo ancora risolto alcuni dei punti più critici”, ha specificato Machar, citando tra questi nodi irrisolti parecchie divergenze sulla “struttura dell’esecutivo di transizione”.
Ottimista sulla riuscita dei colloqui è invece Seyoum Mesfin, mediatore in Sud Sudan per l’Autorità Intergovernativa Per lo Sviluppo, organo politico-commerciale fondato nel 1986 cui prendono parte i Paesi del Corno d’Africa. “Questi colloqui saranno definitivi e porteranno alla firma di un accordo globale che ponga fine alla crisi del Paese”, ha detto infatti poco prima della firma preliminare Mesfin, citato da Al Jazeera. Sulla buona riuscita dell’operazione, inoltre, pesano le minacce di sanzioni avanzate proprio dai diplomatici regionali più vicini al Sud Sudan, i quali pretendono da Kiir e Machar un accordo prima di luglio, quando il mandato naturale del capo dello Stato volge al suo termine e il vuoto di potere momentaneo potrebbe essere il carburante per rinnovati violenti scontri.
In corso come già specificato da 15 mesi, il conflitto del Sud Sudan viene spesso limitato ad una guerra tra etnie, con particolare riferimento ai Dinka – cui appartiene il presidente Kiir – e ai Nuer, guidati da Machar. Tuttavia, nel dietro le quinte delle brutalità commesse dall’una e dall’altra parte si nascondono le più profonde motivazioni che hanno portato alla situazione attuale: controllo politico e petrolifero del Paese.
Dall’inizio delle ostilità ad oggi più di 10 mila persone hanno perso la vita, mentre 1,5 milioni tra uomini, donne e bambini sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Inoltre, tra una rottura del cessate il fuoco e l’altra, 11 milioni di persone sono costantemente a rischio emergenza alimentare, continuamente in lotta per il sostentamento e la sopravvivenza.
FONTE ibtimes
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