SUD SUDAN – Cauto ottimismo su un possibile accordo di pace
Le ultime notizie che vi avevamo comunicato sul Sud Sudan parlavano di un incontro che si sarebbe dovuto tenere in Tanzania il 20 ottobre, per cercare di portare la pace nel paese dopo la guerra civile iniziata il 15 dicembre scorso.
Per la prima volta finalmente i due protagonisti della crisi, Kiir e Machar, si sono incontrati faccia a faccia e hanno firmato un accordo interno al Movimento di liberazione del popolo (il partito di governo), teso a risolvere le cause di una guerra costata la vita a migliaia di civili.
Di seguito le parole di Padre Efrem Tresoldi, direttore di “Nigrizia”, raccolte da Radio Vaticana.
La reazione di tanti analisti, che seguono quello che sta avvenendo in Sud Sudan, è di un cauto ottimismo, dovuto al fatto che questo sarebbe il quinto accordo di pace, che viene siglato tra la fazione guidata da Riek Machar, ex vice Presidente di Salva Kiir, e lo stesso Presidente Salva Kiir, del partito al governo. E si spera appunto che questo sia un accordo diverso rispetto agli altri quattro, che sono stati sempre disattesi una volta firmati e quindi i conflitti sono ripresi puntualmente.Paradossalmente, gli artefici di questa ennesima guerra civile sono le stesse persone che oggi vogliono invece mettere fine a questa insensata guerra, che ha causato più di centomila sfollati e decine di migliaia di morti, paesi interi distrutti e infrastrutture – le pochissime che c’erano – andate perse. Quindi queste persone oggi hanno in mano di nuovo la responsabilità di rimettere in sesto questo Paese.
Gli scontri sono iniziati si per lotte di potere (per avere il comando del Paese nelle prossime elezioni previste nel 2015) ma senz’altro anche per mettere mano alle grandi ricchezze di questo Paese, soprattutto alla ricchezza del petrolio, che è particolarmente abbondante negli Stati a Nord del Paese, dove ci sono stati gli scontri più forti. Quindi era una lotta di potere finalizzata proprio al poter sfruttare queste ricchezze naturali e quindi per un arricchimento personale. Strumentalmente, dunque, viene utilizzata la carta etnica, ma il fine, senz’altro, è quello di un potere politico ed economico. Pur essendo un fatto nuovo quello dei due leader, che s’incontrano e firmano un accordo di pace, che questo accordo non avrà mai successo senza il coinvolgimento della società civile e in particolare delle Chiese. Il Consiglio ecumenico delle Chiese ed anche il Consiglio islamico del Sud Sudan si sono attivati da tempo per la riconciliazione e da tempo chiedono di essere ammessi a questi negoziati. Giustamente, infatti, dicono: “Noi siamo vittime di questa situazione, noi possiamo essere parte della soluzione del problema”.
Le condizioni della gente sono sicuramente molto, molto difficili. La gente non ha potuto coltivare i campi. L’agricoltura rimane essenzialmente la fonte principale di approvvigionamento, ma questa è messa in crisi da ormai quasi un anno di combattimenti e di conflitti interni. Questo, quindi, pone soprattutto una questione umanitaria, che chiede senz’altro un aiuto alla comunità internazionale, per venire incontro a questa gente, che non ha cibo per potere continuare a vivere.