SIMPOSIO ASIANEWS – La missione in Asia: da Giovanni Paolo II a Papa Francesco
Qui di seguito una raccolta degli interventi dei vari relatori durante il Simposio Internazionale,
organizzato da AsiaNews a Roma il 18 novembre.
CINA – Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, ha partecipato in questi giorni al Simposio organizzato da Asia News a Roma, e in un suo intervento ha parlato della condizione della Chiesa cristiana in Cina. Il cardinale, che lavora da sempre per fare della Chiesa di Hong Kong una “Chiesa-ponte” verso la Cina continentale, ha incentrato il proprio discorso non soltanto sulle limitazioni imposte da Pechino al rapporto con il Vaticano, ma anche e soprattutto sul perché il Dragone dell’Asia ha così paura della libertà religiosa.
“Non oso parlare a nome di tutta l’Asia ma sono convinto che la via delle missioni in Cina è l’uomo: l’uomo nella società, la società di uomini, di persone create a immagine di Dio”. Proprio per questo Pechino ha paura della libertà religiosa. “L’ateismo umanistico oppone Dio all’uomo e l’uomo a Dio. O c’è Dio, e allora l’uomo Lo adora oppure facciamo fuori Dio”. Il presule spiega anche l’attuale battaglia per la libertà in corso nella sua diocesi: “Sono orgoglioso di poter affermare che, anche grazie a una competente Commissione Giustizia e Pace, la Chiesa di Hong Kong sta accompagnando la nostra popolazione nella lotta pacifica per la democrazia, seguendo fedelmente gli insegnamenti del Magistero sociale della Chiesa”.
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COREA DEL NORD – La Commissione Onu per i diritti umani ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di portare la Corea del Nord davanti alla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità. Immediata la reazione del regime di Pyongyang, che attraverso il funzionario Cho Myong-Nam ha minacciato “nuovi test nucleari”. La mozione tiene conto del Rapporto Onu sui diritti umani in Corea, basato sulle testimonianze di esuli. Nel documento, si punta il dito contro le “atrocità inenarrabili e senza paragoni nel resto del mondo” che vengono compiute “su larga scala” contro “tutta la popolazione nordcoreana”. Esso cita anche i campi di lavoro, dove sarebbero rinchiuse decine di migliaia di prigionieri. Pyongyang li definisce “centri di detenzione dove le persone vengono convinte a migliorare i propri pensieri e a ragionare sui propri errori”. Michael Kirby, tra i firmatari del Rapporto, ha definito la mossa di ieri “un passo importante nella difesa dei diritti umani”. La risoluzione non nomina mai il leader supremo della Corea del Nord, Kim Jong-un, ma ricorda che il documento Onu ritiene responsabili “i più alti livelli dello Stato” per gli abusi ai diritti umani. Tuttavia, diplomatici ed esperti dubitano che la misura riesca a superare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, di cui Cina e Russia – principali alleati di Pyongyang – sono membri permanenti con diritto di veto.
FILIPPINE – “La Chiesa in Asia potrebbe sempre rimanere un piccolo gregge, ma essa ha numerosi martiri, la maggior parte di loro, senza nome. Essa è proprio una Chiesa dei senza nome, ma che ha professato e continua a professare il Nome che è al di sopra di ogni nome, Gesù Cristo”: è questa la conclusione del discorso che il card. Luis Antonio Tagle di Manila ha tenuto al Simposio internazionale di AsiaNews.
Per il porporato, quello di una “piccola” Chiesa che rimane una “grande” testimone della fede è pure il messaggio che le Chiese asiatiche possono offrire al mondo: “Noi in Asia siamo abituati ad essere un piccolo gregge. Ma i numeri non sempre determinano la vitalità della Chiesa nella vita e nella missione. Nella sua piccolezza, una comunità rimane sempre Chiesa, la presenza del popolo di Dio. La gioia missionaria può essere sperimentata anche in una situazione di umile minoranza. Vi è una forza inspiegabile proveniente dalla fede, che scorre dinamica nella debolezza e nella sofferenza”.
Parlando delle Filippine, nella visione del card. Tagle (e di papa Francesco), i poveri non sono solo degli “assistiti”, ma anche “grandi maestri della fede”, con “storie di speranza e di coraggio” da ascoltare. La missione della Chiesa filippina si è così allargata includendo la vicinanza ai poveri (cibo, sanità, educazione, assistenza, lavoro…); l’impegno sociale e per la custodia del creato, entrambi ispirati alla dottrina sociale della Chiesa; fino all’impegno nei media, non solo la radio e la tivu, ma anche i social network. Nelle Filippine sono sorti anche nuovi attori della missione. Ai sacerdoti, ai laici, ai fidei donum, ai missionari ad gentes, ai movimenti, si sono aggiunti i milioni di filippini e filippine migranti che riempiono “le chiese delle nazioni in cui lavorano”, come in Giappone, Corea, Medio oriente, Cina, e che vivono in unità il lavoro e la missione.
EXTRA: Il dialogo islamo-cristiano in India
“Il dialogo islamo-cristiano è fondamentale in India e deve avvenire a livello teologico e pratico. Non si può sminuire il contributo della religione alla pace e all’armonia nella società moderna. Per questo la fede non può relegarsi ai margini della comunità”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Felix Machado, arcivescovo di Vasai e presidente dell’Ufficio per gli affari ecumenici e interreligiosi della Federazione delle conferenze episcopali asiatiche. In India cristiani e musulmani sono minoranze religiose. Su una popolazione di oltre 1,2 miliardi di persone, l’80,5% è indù; la comunità cristiana è appena il 2,3%, mentre quella islamica il 13,4%. “Ciò significa che i musulmani indiani sono quasi 150 milioni, ovvero la seconda comunità islamica al mondo dopo l’Indonesia”. Molti di loro, aggiunge, “frequentano scuole cristiane o cattoliche, che rappresentano il 17% di tutti gli istituti educativi del Paese”. È proprio dalla scuola che deve iniziare una diversa educazione al dialogo. Per mons. Machado un esempio da non seguire è quello del Pakistan, dove “i libri di testo presentano informazioni distorte e parziali sulle altre religioni ed esaltano solo l’islam”. Questo sostrato culturale è quello che poi porta alle leggi sulla blasfemia. In India sono i dalit (“fuoricasta”) cristiani e musulmani a subire le peggiori discriminazioni. La Chiesa cattolica, prosegue il vescovo, “ha fatto del dialogo interreligioso un cammino obbligatorio per i suoi fedeli”. Tuttavia “finora questa attenzione all’altro è stata unilaterale. Con generosità abbiamo messo le nostre risorse a disposizione di tutte le comunità, senza distinzioni religiose. Ma anche i nostri fratelli musulmani devono usare i propri strumenti per il bene di tutti e per la costruzione della nazione”. È questa, spiega, “l’implicazione pratica del ‘Lavorare insieme e servire gli altri’. È cercare il dialogo della vita e della collaborazione. Insieme possiamo fare del bene per tutta la nostra società”.