LIBIA – Il vescovo Martinelli: «Devo rimanere! Se non ci fosse la fede, non saremmo qui»

Articolo pubblicato da Tempi il 16/02/2015

Ad agosto, quando già la situazione era compromessa, aveva detto: «Intendo restare qui fino a quando rimane anche un solo cristiano». Fedele alla parola data e alla sua vocazione, il vicario apostolico di Tripoli, Giovanni Innocenzo Martinelli, storica presenza della comunità cattolica in Libia, torna oggi a ripetere quelle parole. Anche ora, quando sa che tutto potrebbe precipitare da un momento all’altro e che la sua stessa vita è a rischio.

TESTIMONI DI GESU’. In un’intervista rilasciata alla Radio Vaticana questo francescano nato in Libia 72 anni fa (vi è tornato nel 1971) ha detto di essere pronto «a testimoniare quello che siamo e quello che facciamo. Devo rimanere! Come lascio i cristiani senza nessuno?». Con lui ci sono un centinaio di filippini, a custodia della Chiesa di San Francesco, a pochi passi dall’ambasciata italiana. Non nega la «paura», ma ribadisce di voler rimanere, per essere «testimone di quello che Gesù ci dice di fare. E basta. Se non ci fosse la fede, non saremmo qui». Per ora «può uscire» ma, racconta, «magari un momento o l’altro ci prendono e dicono: “Tu sei contro l’islam”… e basta».
Il vescovo invoca dialogo, comprensione reciproca, stigmatizza chi pensa solo alle implicazioni economiche della vicenda (il petrolio) e il «vuoto nella cultura occidentale» che è soprattutto «un vuoto di dialogo, un vuoto di impegno a incontrare l’altro, preoccupandosi soltanto degli interessi e meno delle persone e dei valori».

LA NUOVA MAFIA. A La Stampa, ieri, ha raccontato le medesime cose. «Come faccio ad andarmene?» ha detto. «Devo restare per il momento, qui c’è ancora un gruppo di cristiani che ha bisogno di essere assistito». «Al momento – ha raccontato ieri – non ho paura, ma so che arriverà il momento in cui avrò paura». Si dice contrario a un intervento armato, ma si mostra anche un po’ scettico sui tentativi di riconciliazione messi in campo, perché le milizie non paiono così propense al dialogo: «Sono loro che hanno tutto in mano. C’è bisogno di tanta buona volontà per trovare un’intesa». Ma non è facile, come dimostrano i naufragi delle carrette spinte in mare dai capi etnici: «Sono loro la nuova mafia».

Invitiamo tutti alla preghiera per quanto sta accadendo in Libia ed in tutte le terre di conflitto.