Intervista al Vescovo di Aleppo, presidente di Caritas Siria
“L’indifferenza nei confronti di chi soffre mostra la decadenza dell’Occidente e allo stesso tempo l’irrazionalità e la follia del mondo arabo e musulmano”: a parlare con la MISNA è monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria.
Qualche notte fa un razzo è esploso a pochi metri dall’ufficio dal quale monsignor Audo coordina la distribuzione di cibo, l’invio di medicine e il pagamento di sussidi a beneficio dei profughi. La linea del fronte, dove si combattono forze governative e ribelli, non è lontana. Mentre su Raqqa, Deir Ez-Zor e le raffinerie del nord e del nord-est della Siria cadono i razzi lanciati dai droni statunitensi.
Obiettivo “indebolire e distruggere” lo Stato islamico, il gruppo sunnita che negli ultimi mesi ha assunto il controllo di ampie regioni sia del nord e del nord-est della Siria che dell’Iraq centro-settentrionale.
Monsignore, che conseguenze stanno avendo i bombardamenti degli Stati Uniti e dei loro alleati arabi contro i combattenti dello Stato islamico?
“In Siria c’è una grande confusione. La gente non capisce cosa sta davvero accadendo e che cosa stiano cercando di ottenere coloro che fanno la guerra. Lo Stato islamico è un problema ulteriore, che sta aggravando il dramma di questi tre anni e mezzo di conflitto civile. È una montagna da superare perché questa crisi possa avere termine”.
Crede che in Siria l’uso della forza da parte di potenze straniere sia una soluzione?
“La speranza è che i bombardamenti degli americani e dei loro alleati possano essere la strada per una soluzione politica dopo tutte queste devastazioni”.
I raid possono aiutare la pace?
“Per me, in questo momento, è una domanda alla quale è difficile rispondere. Non riesco a darle una risposta razionale. I siriani oggi non credono più ai proclami, e aspettano di vedere risultati concreti nel lungo termine”.
Cosa stanno facendo le Chiese, e Caritas in particolare, per aiutare la popolazione?
“Come vescovi, patriarchi e sacerdoti, dobbiamo essere completamente al servizio di chi soffre, senza fare differenza tra cristiani e musulmani o tra appartenenti a diversi gruppi politici. Cerchiamo di diventare più cristiani attraverso l’impegno umanitario. Con i suoi volontari Caritas è presente in sei regioni, che costituiscono la gran parte del territorio nazionale. Le priorità sono cinque: gli aiuti alimentari; la distribuzione di medicine; il sostegno nel settore scolastico; l’assistenza alle persone anziane; il pagamento degli affitti per i profughi. Ogni mese distribuiamo più di 15.000 razioni alimentari e, solo ad Aleppo, effettuiamo una sessantina di interventi in aiuto degli ammalati. Nel campo dell’istruzione, puntiamo a garantire 4000 borse di studio. Stanno distruggendo la Siria e noi, per quello che possiamo, cerchiamo di ricostruirla”.
Come sta vivendo questo momento la minoranza cristiana?
“Come unico vescovo caldeo della Siria sono responsabile anche delle famiglie che vivevano nelle zone sotto il controllo dello Stato islamico. Sono tutte venute via, da Raqqa, da Deir ez-Zor e dalle altre città. A Deir Ez-Zor c’era una chiesa caldea che è stata distrutta. E le circa 200 famiglie cristiane che vivevano in città sono dovute fuggire verso Damasco o Aleppo. Provo una grande tristezza nel vedere la distruzione della Siria”.