Cristiani nel terrore in India e Pakistan

Mumbai (AsiaNews del 12/01/2015) – “Nell’India laica, la libertà di culto per i cristiani si sta deteriorando. Due attacchi nello stesso giorno, in due Stati diversi del Paese, sono la prova che i gruppi estremisti senza le briglie della legge, si sentono incoraggiati ad attaccare i cristiani”. È quanto denuncia ad AsiaNews Sajan K. George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), dopo che ieri una comunità protestante e una pentecostale sono state vittime di aggressioni da parte di gruppi radicali indù.
Un episodio è avvenuto a Madhav Nagar (Stato del Bihar). “Militanti della sezione locale del Bajrang Dal – racconta Sajan George – hanno interrotto un servizio di preghiera, a cui stavano partecipando circa 50 cristiani. Il rev. Kamlesh, che guida la comunità da quasi sei anni, è stato strattonato e accusato di praticare conversioni forzate. Alcuni dei fedeli presenti sono stati picchiati. I radicali hanno anche danneggiato strumenti musicali e parte del mobilio”.
Secondo la polizia, i militanti del Bajrang Dal hanno aggredito la comunità perché il pastore “attirava con lusinghe” gli indù poveri, per spingerli a convertirsi. Tuttavia, spiega un agente, “non abbiamo trovato prove di queste accuse. I cristiani si recano lì ogni settimana per pregare e per socializzare gli uni con gli altri”.
Il secondo episodio è avvenuto a Kushulanagar (Stato del Karnataka). Come accade da 15 anni, il rev. KJ Mathai, della Chiesa pentecostale Gospel in Action Fellowship, stava celebrando il servizio domenicale, insieme a una trentina di fedeli. All’improvviso, una jeep della polizia ha fatto irruzione. Gli agenti hanno spiegato che qualcuno aveva denunciato la comunità di “conversioni forzate”.
Dopo aver atteso la fine del servizio, le forze dell’ordine hanno scortato il pastore e alcuni fedeli in commissariato. Lì sono stati interrogati per diverse ore; intanto, all’esterno, un gran numero di estremisti indù manifestava contro i cristiani. Alla fine il leader religioso è stato rilasciato, ma la polizia gli ha suggerito di “essere cauto” nel continuare a condurre i suoi servizi di preghiera.

Rawalpindi (Agenzia Fides del 12/01/2015) – Sconcerto e terrore nella comunità cristiana di Rawalpindi, città sviluppatasi nell’area metropolitana della capitale Islamabad. I fedeli sono ancora sotto shock per l’episodio avvenuto la notte del 29 dicembre, quando un’aula di culto cristiana protestante è stata data alle fiamme.
Secondo il Pastore Qamar Zaman, incaricato della sala e della cura pastorale della comunità colpita, “si tratta di un atto intimidatorio per diffondere terrore e creare inimicizia tra cristiani e musulmani”. L’incendio, afferma, è certo di origine dolosa, dato che “non vi era alcun problema con la fornitura di energia elettrica”. Secondo la polizia, che sta svolgendo indagini, gli esecutori potrebbero aver voluto lanciare un segnale di odio e vendetta personale proprio contro il Pastore, anche se l’uomo non ha ricevuto precedenti minacce.
L’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill commenta a Fides: “La condizione attuale dei cristiani in Pakistan risente di un certo senso di sfiducia e di paura. Gli estremisti continuano a seminare il terrore nella mente dei cittadini e non hanno alcun riguardo né verso le persone né verso i luoghi sacri. Vogliono creare disarmonia tra le fedi in Pakistan e creare disordini nel paese. La nostra risposta non può che essere una risposta di fede e di preghiera”.

Sempre a Rawalpindi un uomo musulmano di 52 anni, Abid Mehmood, accusato di blasfemia nel 2011 e rilasciato dal carcere pochi giorni fa per disabilità fisica e mentale, è stato assassinato da uomini mascherati. La sua disabilità era stata certificata da un consiglio di medici dell’ospedale di Rawalpindi. Il suo cadavere è stato ritrovato in una zona disabitata, nei pressi della stazione ferroviaria di Usman Khattar, a Rawalpindi. Quando i parenti hanno portato il corpo nel villaggio dove Abid abitava per dargli degna sepoltura, una folla di musulmani ha impedito di inumarlo nel cimitero locale, gridando contro il “blasfemo”. L’uomo è stato sepolto nel cortile di casa sua.
La legge sulla blasfemia – commenta a Fides una nota dell’Ong pakistana “Lead” – “sta diventando sempre più un’arma nell’arsenale degli estremisti religiosi. Dopo l’episodio dei due coniugi cristiani arsi visi per accuse di blasfemia, il clima di paura, specie fra le minoranze religiose, è più forte”. Anche le persone giudicate innocenti e rilasciate sono in pericolo: un caso esemplare è quello di Younas Masih, cristiano che era stato condannato a morte e poi rilasciato dopo l’assoluzione dall’Alta Corte di Lahore. Masih è tuttora costretto a vivere in clandestinità per paura di essere identificato e ucciso dagli estremisti.