Il Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Turchia
Come di certo saprete Papa Francesco nei giorni appena trascorsi si è recato in Viaggio Apostolico in Turchia.
La sua visita ha rappresentato un grande gesto ecumenico ma è stata anche un forte segno di vicinanza verso tutte le minoranze, in particolare quella cristiana, che vivono nella regione.
Di seguito pubblichiamo i passaggi più significativi dei vari discorsi tenuti dal Pontefice, invitandovi ovviamente a leggerli integralmente.
Ci auguriamo che questo viaggio sia davvero l’inizio di un qualcosa di grande.
28 novembre, Incontro con le autorità
“…Occorre portare avanti con pazienza l’impegno di costruire una pace solida, fondata sul rispetto dei fondamentali diritti e doveri legati alla dignità dell’uomo. Per questa strada si possono superare i pregiudizi e i falsi timori e si lascia invece spazio alla stima, all’incontro, allo sviluppo delle migliori energie a vantaggio di tutti. A tal fine, è fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani, godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri. Essi in tal modo più facilmente si riconosceranno come fratelli e compagni di strada, allontanando sempre più le incomprensioni e favorendo la collaborazione e l’intesa. La libertà religiosa e la libertà di espressione, efficacemente garantite a tutti, stimoleranno il fiorire dell’amicizia, diventando un eloquente segno di pace. Il Medio Oriente, l’Europa, il mondo attendono questa fioritura. Il Medio Oriente, in particolare, è da troppi anni teatro di guerre fratricide, che sembrano nascere l’una dall’altra, come se l’unica risposta possibile alla guerra e alla violenza dovesse essere sempre nuova guerra e altra violenza. Per quanto tempo dovrà soffrire ancora il Medio Oriente a causa della mancanza di pace? Non possiamo rassegnarci alla continuazione dei conflitti come se non fosse possibile un cambiamento in meglio della situazione! Con l’aiuto di Dio, possiamo e dobbiamo sempre rinnovare il coraggio della pace!…”
Visita al Presidente degli affari religiosi alla Diyanet
“…E’ tradizione che i Papi, quando viaggiano in diversi Paesi come parte della loro missione, incontrino anche le autorità e le comunità di altre religioni. Senza questa apertura all’incontro e al dialogo, una visita papale non risponderebbe pienamente alle sue finalità, così come anch’io le intendo, nella scia dei miei venerati Predecessori… Le buone relazioni e il dialogo tra leader religiosi rivestono infatti una grande importanza. Essi rappresentano un chiaro messaggio indirizzato alle rispettive comunità, per esprimere che il mutuo rispetto e l’amicizia sono possibili, nonostante le differenze. Tale amicizia, oltre ad essere un valore in sé, acquista speciale significato e ulteriore importanza in un tempo di crisi come il nostro, crisi che in alcune aree del mondo diventano veri drammi per intere popolazioni. Vi sono infatti guerre che seminano vittime e distruzioni; tensioni e conflitti inter-etnici e interreligiosi; fame e povertà che affliggono centinaia di milioni di persone; danni all’ambiente naturale, all’aria, all’acqua, alla terra. Veramente tragica è la situazione in Medio Oriente, specialmente in Iraq e Siria. Tutti soffrono le conseguenze dei conflitti e la situazione umanitaria è angosciante. Penso a tanti bambini, alle sofferenze di tante mamme, agli anziani, agli sfollati e ai rifugiati, alle violenze di ogni tipo. Particolare preoccupazione desta il fatto che, soprattutto a causa di un gruppo estremista e fondamentalista, intere comunità, specialmente – ma non solo – i cristiani e gli yazidi, hanno patito e tuttora soffrono violenze disumane a causa della loro identità etnica e religiosa… In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani. La vita umana, dono di Dio Creatore, possiede un carattere sacro. Pertanto, la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace…”
29 novembre, Santa Messa Cattolica nella Cattedrale dello Spirito Santo
“…È vero, lo Spirito Santo suscita i differenti carismi nella Chiesa; apparentemente, questo sembra creare disordine, ma in realtà, sotto la sua guida, costituisce un’immensa ricchezza, perché lo Spirito Santo è lo Spirito di unità, che non significa uniformità. Solo lo Spirito Santo può suscitare la diversità, la molteplicità e, nello stesso tempo, operare l’unità. Quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi ed esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità e l’omologazione. Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché Egli ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa… Si tratta di una prospettiva di speranza, ma al tempo stesso faticosa, in quanto è sempre presente in noi la tentazione di fare resistenza allo Spirito Santo, perché scombussola, perché smuove, fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. Ed è sempre più facile e comodo adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate…”
Preghiera Ecumenica nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio
“…Attraverso le parole del profeta Zaccaria, il Signore ci ha donato ancora una volta, in questa preghiera vespertina, il fondamento che sta alla base del nostro protenderci tra un oggi e un domani, la salda roccia su cui possiamo muovere insieme i nostri passi con gioia e con speranza; questo roccioso fondamento è la promessa del Signore: «Ecco, io salvo il mio popolo dall’oriente e dall’occidente … nella fedeltà e nella giustizia» (8,7.8). Sì, venerato e caro Fratello Bartolomeo, mentre Le esprimo il mio sentito “grazie” per la Sua fraterna accoglienza, sento che la nostra gioia è più grande perché la sorgente è oltre, non è in noi, non è nel nostro impegno e nei nostri sforzi, che pure doverosamente ci sono, ma è nel comune affidamento alla fedeltà di Dio, che pone il fondamento per la ricostruzione del suo tempio che è la Chiesa (cfr Zc 8,9). «Ecco il seme della pace» (Zc 8,12); ecco il seme della gioia. Quella pace e quella gioia che il mondo non può dare, ma che il Signore Gesù ha promesso ai suoi discepoli, e ha donato loro da Risorto, nella potenza dello Spirito Santo…”
30 novembre, Divina Liturgia nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio
“ …Nel mondo d‘oggi si levano con forza voci che non possiamo non sentire e che domandano alle nostre Chiese di vivere fino in fondo l’essere discepoli del Signore Gesù Cristo. La prima di queste voci è quella dei poveri. Nel mondo, ci sono troppe donne e troppi uomini che soffrono per grave malnutrizione, per la crescente disoccupazione, per l’alta percentuale di giovani senza lavoro e per l’aumento dell’esclusione sociale, che può indurre ad attività criminali e perfino al reclutamento dei terroristi. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte alle voci di questi fratelli e sorelle. Essi ci chiedono non solo di dare loro un aiuto materiale, necessario in tante circostanze, ma soprattutto che li aiutiamo a difendere la loro dignità di persone umane, in modo che possano ritrovare le energie spirituali per risollevarsi e tornare ad essere protagonisti delle loro storie…Una seconda voce che grida forte è quella delle vittime dei conflitti in tante parti del mondo. Questa voce la sentiamo risuonare molto bene da qui, perché alcune nazioni vicine sono segnate da una guerra atroce e disumana… Turbare la pace di un popolo, commettere o consentire ogni genere di violenza, specialmente su persone deboli e indifese, è un peccato gravissimo contro Dio, perché significa non rispettare l’immagine di Dio che è nell’uomo. La voce delle vittime dei conflitti ci spinge a procedere speditamente nel cammino di riconciliazione e di comunione tra i cattolici ed ortodossi…Una terza voce che ci interpella è quella dei giovani…Le nuove generazioni non potranno mai acquisire la vera saggezza e mantenere viva la speranza se noi non saremo capaci di valorizzare e trasmettere l’autentico umanesimo, che sgorga dal Vangelo e dall’esperienza millenaria della Chiesa. Sono proprio i giovani, sono loro che oggi ci sollecitano a fare passi in avanti verso la piena comunione. E ciò non perché essi ignorino il significato delle differenze che ancora ci separano, ma perché sanno vedere oltre – sanno vedere oltre – sono capaci di cogliere l’essenziale che già ci unisce, che è tanto Santità…”
Benedizione ecumenica e Firma della Dichiarazione congiunta
“…Esprimiamo la nostra sincera e ferma intenzione, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, di intensificare i nostri sforzi per la promozione della piena unità tra tutti i cristiani e soprattutto tra cattolici e ortodossi… A tal fine, assicuriamo la nostra fervente preghiera come Pastori della Chiesa, chiedendo ai fedeli di unirsi a noi nella comune invocazione che «tutti siano una sola cosa … perché il mondo creda» (Gv 17,21). Esprimiamo la nostra comune preoccupazione per la situazione in Iraq, in Siria e in tutto il Medio Oriente. Siamo uniti nel desiderio di pace e di stabilità e nella volontà di promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la riconciliazione. Riconoscendo gli sforzi già fatti per offrire assistenza alla regione, ci appelliamo al contempo a tutti coloro che hanno la responsabilità del destino dei popoli affinché intensifichino il loro impegno per le comunità che soffrono e consentano loro, comprese quelle cristiane, di rimanere nella loro terra natia. Non possiamo rassegnarci a un Medio Oriente senza i cristiani, che lì hanno professato il nome di Gesù per duemila anni. Molti nostri fratelli e sorelle sono perseguitati e sono stati costretti con la violenza a lasciare le loro case. Sembra addirittura che si sia perduto il valore della vita umana e che la persona umana non abbia più importanza e possa essere sacrificata ad altri interessi. E tutto questo, tragicamente, incontra l’indifferenza di molti. Come San Paolo ci ricorda: «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1 Cor 12,26). Questa è la legge della vita cristiana e in questo senso noi possiamo dire che c’è anche un ecumenismo della sofferenza. Come il sangue dei martiri è stato seme di forza e di fertilità per la Chiesa, così anche la condivisione delle sofferenze quotidiane può essere uno strumento efficace di unità…”
Saluto degli alunni dell’Oratorio Salesiano
“Cari ragazzi e giovani, ho molto desiderato questo incontro con voi. Avrei voluto incontrare anche altri rifugiati, ma non è stato possibile fare altrimenti. Voi provenite dalla Turchia, dalla Siria, dall’Iraq, da vari Paesi del Medio Oriente e dell’Africa. Voi siete qui in rappresentanza di centinaia di vostri coetanei, molti dei quali profughi e sfollati, quotidianamente assistiti dai Salesiani. Voglio manifestarvi la mia partecipazione alla vostra sofferenza e spero che questa mia visita, con la grazia del Signore, possa donarvi un po’ di consolazione nella vostra difficile situazione. Essa è la triste conseguenza di conflitti esasperati e della guerra, che è sempre un male e non rappresenta mai la soluzione dei problemi, ma anzi ne crea altri…Cari giovani, non scoraggiatevi. E’ facile dirlo, ma fate uno sforzo per non scoraggiarvi. Con l’aiuto di Dio, continuate a sperare in un futuro migliore, nonostante le difficoltà e gli ostacoli che adesso state affrontando…Ricordatevi sempre che Dio non dimentica nessuno dei suoi figli, e che i più piccoli e i più sofferenti sono più vicini al suo cuore di Padre…”