Il colore della terra bruciata dal sole
Il colore della terra bruciata dal sole, il profumo delle jacarande in fiore, uomini a piedi scalzi che camminano chilometri e chilometri ai lati della strada: è questo ciò che ho trovato all’arrivo in Malawi, terra africana di circa 12 milioni di persone, situata tra Zambia, Tanzania e Mozambico. Fin da piccola ho avuto la possibilità di vedere molti luoghi e conoscere culture diverse in paesi per lo più industrializzati, ma avevo nel cuore il sogno di andare in un paese del terzo mondo, ed è per questo che, quando mi è stato proposto il Malawi nel 2010 sono partita una prima volta, a cui è seguita una seconda e, ancora, una terza. Se la prima volta che si atterra in Malawi si comincia a tastare il terreno, a sentire profumi nuovi e a osservare gli stili di vita di una popolazione differente dalla nostra, è solo andandoci ancora che la si apprezza di più.
Uno dei motivi per cui si può partire per questo luogo è il voler aiutare gli altri, eppure si scopre come siano i Malawiani a donare molto a chi decide di fare quest’esperienza, grazie al loro stile di vita fondato su valori che la nostra ‘società del benessere’ sembra aver dimenticato. In poche parole, il Malawi è, per me, come mettersi ai piedi di una montagna e sentirsi piccoli, e poter solo stare ad osservare, rendendosi conto che esiste molto di più del nostro io.
Sono tre le realtà che questa volta, nel periodo compreso tra il 18 giugno e il 18 luglio, ho potuto conoscere: l’ospedale e gli altri progetti dell’Associazione ‘Amici del Malawi’ della diocesi di Perugia, le strutture che ospitano la missione delle Suore Sacramentine di Bergamo e ‘l’Alleluya Care Centre’, orfanotrofio realizzato da Rita Milesi, volontaria di Bergamo.
Per quanto riguarda l’associazione “Amici del Malawi”, essa rappresenta una onlus di estrazione cattolica iscritta nel registro delle associazioni di volontariato della Regione Umbria, operante per lo sviluppo sociale, tecnico, sanitario e scientifico del Malawi. L’associazione ha dato avvio a diversi progetti, tra cui l’ospedale di Pirimiti, , e le scuole e i progetti per l’emancipazione femminile di Lisanjala, uno dei luoghi più interni ed isolati del Malawi. All’interno dell’ospedale ho potuto svolgere per lo più il ruolo di ostetrica, osservando un’assistenza alla gravidanza e al parto tanto diversa da quella italiana, ma, soprattutto, un vivere in modo molto naturale la maternità da parte delle donne. Lisanjala mi ha, invece, permesso di osservare una natura ancora incontaminata e che appare nella sua maestosità; gente che cammina tutto il giorno, da una città all’altra, con l’unico scopo di portare del cibo a casa la sera; gente che abita in case con tetti di paglia e mattoni rossi che si sbriciolano se si prova a lanciare loro un sasso; gente che nei momenti di convivialità si riempie i piatti del cibo che è cucinato per loro, perché forse quel cibo sarà ciò che mangeranno nei tre giorni successivi. Eppure, davanti a quella povertà, quella stessa gente dice ‘Palibe!’, ‘non fa niente!’, e i bambini ridono e si divertono con giochi semplici, imparando, fin da piccoli, a condividere giochi e cibo con gli altri.
Per quanto riguarda la congregazione delle Suore Sacramentine di Bergamo, essa è presente in Malawi da circa 20 anni, suddividendosi in varie strutture che occupano tutto il territorio. La struttura dove ho potuto passare la maggioranza del mio tempo è quella di Ntcheu, dove le suore si occupano della gestione della casa, dell’educazione ai bambini malawiani divisi in otto classi d’età e dell’evangelizzazione nelle prigioni. Altre strutture si occupano, invece, degli orfani, come quella di Rita Milesi, volontaria di Bergamo, che nel 1991 ha creato ‘l’Alleluya Care Centre’, il quale accoglie bambini orfani fino a 3 anni di età, alcuni dei quali malati di AIDS, che vengono affidati alla struttura da parte dei centri sociali o dei parenti che non hanno possibilità economiche per permetterne la sopravvivenza al villaggio di appartenenza. L’assistenza offerta ai bambini è continuativa durante il giorno e comprende alimentazione, igiene, giochi e attenzioni.
L’opera di evangelizzazione alle prigioni e l’orfanotrofio hanno rappresentato, per me, le esperienze più intense all’interno del mio pellegrinaggio in Malawi. La prima, per la miseria che si può osservare all’interno della prigione, ma anche il modo in cui l’annuncio della Parola permette di osservare un sorriso nel volto dei prigionieri, ancora più del pane a loro portato; la seconda, per la necessità della relazione e dell’amore che necessitano i bambini, ma, più in generale, tutti gli uomini.
Essendo per me la terza esperienza in questo territorio, posso dire come sia stato fondamentale il corso di preparazione alle missioni estere svolto dai Frati Minori per comprendere il vero significato dell’andare in missione, e quali siano le differenze tra un primo viaggio in cui si insegue il sogno di visitare un paese del terzo mondo, cercando di aiutare chi si crede che abbia bisogno, e un secondo o terzo, nel quale si va alla ricerca di qualcosa di ben specifico, come un pellegrino, lasciandosi, poi, travolgere da una quotidianità diversa dalla propria. Il corso aiuta il pellegrino a prepararsi alla missione non solo materialmente, ma, soprattutto, spiritualmente, in modo tale che il missionario sappia il motivo per cui si è chiamati alla missione ed il fine della presenza dei gruppi religiosi missionari all’estero.
La frase che mi è maggiormente rimasta nel cuore appartiene al Vangelo di Matteo (Mt 10, 42): ‘E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua ad uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa’. Questo perché dietro ogni sguardo, ogni gesto o gioco dei bambini malawiani è davvero possibile riconoscere un volto: quello di Gesù.
Sono partita con la valigia quasi vuota, poiché sapevo che non solo non sarebbe stato necessario gran parte del mio guardaroba, ma, soprattutto, che si sarebbe riempita di fatti, pensieri, immagini, sorrisi e pianti che necessiteranno di tanto tempo per essere elaborati ma che, mi auguro, potranno portare a dei cambiamenti nella mia vita e una piccola testimonianza per chi ne verrà a conoscenza.
Lucia