“Fede vuol dire, costringere Dio a prendersi cura di te”…allora andiamo!
Tutto per me è iniziato alla fine dell’anno 2012.
Capodanno ad Assisi con colloquio; Il mio Padre Spirituale mi chiede:” ma tu hai capito la differenza tra lavoro e vocazione? Prendi questo e chiama”
Il volantino aveva scritto sul foglio: “Hai mai pensato di avere una missione nella vita?” All’inizio ero molto scettica e ho pensato: “che cavolo c’entra la missione adesso?” non sapevo se chiamare o meno, ma poi ho preso il volantino e sono tornata a casa.
A casa ho riflettuto parecchio sull’eventualità, perché erano già due anni che pensavo sarebbe stato bello fare un’esperienza del genere, ma lavorando ed avendo un periodo di ferie limitato (massimo 4 settimane…3 nel mio caso essendo l’ultima arrivata) vedevo già il sogno sparire.
C’ho pregato su un po’ e ho pensato: “Se Dio mi vuole là, me lo dimostrerà” e poi era solo un progetto…
Quando ho chiamato, dentro di me cresceva l’intenzione di partecipare e un po’ alla volta anche di partire! La difficoltà maggiore che vedevo in quel momento era comunicarlo ai miei genitori…non che loro siano all’antica, ma una figlia che decide di trascorrere le sue vacanze estive prendendo parte ad una missione, fa specie, e che questa si svolga in Africa magari, non ci siamo proprio!
E invece con mia grande sorpresa le ferie sono arrivate (4 settimane) e con i miei l’ho vinta alla grande:)
Meta Africa, più precisamente Congo-Brazzaville.
Dopo aver preso contatti e avviato le pratiche, l’unico ostacolo che temevo era il viaggio: non cosa avrei mangiato, dove avrei dormito, se mi fossi ammalata, o se avessi avuto problemi col cibo…per quello c’erano i vaccini e la mia voglia di adattarmi e mettermi in gioco, ma solo ed esclusivamente il viaggio, anche perché fino ad aprile, e il biglietto aereo l’ho fatto a maggio, ero convinta di dover partire da sola, sia per l’andata che per il ritorno.
Non essendo abituata a viaggiare in aereo e non avendo una grande dimestichezza con le lingue, ero terrorizzata da quest’impresa: so che può sembrare sciocco, però ognuno ha le proprie difficoltà e io lo vedevo come l’unica cosa che avrebbe potuto impedirmi di partire… già mi vedevo persa in qualche parte dell’aeroporto con l’aereo che decollava dall’altra.
Ad un certo punto mi è tornato in mente una frase che Padre Giovanni Marini ha detto ad un corso “Fede vuol dire, costringere Dio a prendersi cura di voi” e ho capito che mi chiedeva di fidarmi di Lui ma anche di affidarmi a Lui, cosa abbastanza complicata per una che vuole avere il controllo della situazione.
Si vede comunque che dovevo proprio prendere parte a questa missione, perché mi fu comunicato che nel periodo in cui davo disponibilità io, c’era un altro frate che partiva!
Ricordo che prima di sapere di questo frate, mi sono arrabbiata con Dio, ed entrando in una Chiesa un giorno, l’ho come sfidato, gli ho detto: ”Senti, io parto e ti dico il mio si, ma tu mi devi proteggere, hai capito?”
Beh, l’ha fatto!
All’andata ero in compagnia, al ritorno ero da sola! Ma da sola non lo sono mai stata veramente, mi sono scoperta protetta e custodita… ho sempre trovato un aiuto pronto…mi sono scoperta figlia!
Per questa missione non mi sono fatta nessun tipo di aspettative, e questo secondo me ha fatto la differenza. La mia sfida era centrata sul ritorno e su quello che avrei vissuto viaggiando con Dio. Ho capito che se allento la presa e non pretendo di controllare la situazione ciò che torna indietro sorprende e sconvolge.
L’Africa ha una cultura completamente diversa dalla nostra, ma ciò non le toglie il fascino; la missione per me non è stata difficile, ma neanche scontata: ho fatto i conti con me stessa, con i miei limiti, con le mie fragilità e mi sono scoperta sia forte che fragile dove non credevo.
Un supporto non da poco lo sono state anche le due ragazze che hanno condiviso con me l’esperienza: è grazie a loro che mi sono integrata con i ragazzi africani della casa di accoglienza “NDAKO YA BANDEKO” e ho vinto le difficoltà iniziali…ed è con loro che ho condiviso lacrime, risate, abbracci e confidenze! Devo loro moltissimo!
Posso dire a distanza di qualche mese che la vera e propria difficoltà è quella di uscire dai propri schemi dalle proprie abitudini e andare verso gli altri, da persone che la pensano in modo diverso da te, e anche perché no? dalla superbia che caratterizza spesso l’uomo occidentale, della serie :”io adesso prendo, vado in quel luogo non civilizzato e lo cambio”. In realtà è quella stessa esperienza che cambia noi, che ci migliora, ci fa cambiare prospettiva, e quindi priorità!
Applicare tutto questo alla vita di tutti i giorni non è per niente facile, ma è questo che ci viene chiesto ogni giorno… di fidarci di un Papà che ci ama, ci protegge, ci migliora e ci pensa per una missione!
Claudia