CINA – Crescono le conversioni al cristianesimo: una barriera per vincere la paura

Liao Yiwu è un poeta-scrittore cinese in esilio dal 2011.
In uno dei suoi ultimi lavori racconta le storie di alcuni cristiani dello Yunnan, dell’Hebei e di Pechino.
Convertirsi al cristianesimo è di moda, ma è soprattutto importante per “resistere alle pressioni del potere”.
In Cina si tenta di cancellare la memoria ma è importante mantenere viva la testimonianza.

Nella Cina del XXI secolo, sono sempre più le persone che si convertono al cristianesimo cattolico o protestante. Ciò avviene per porre “una barriera alla paura” con la “ricerca di un soccorso spirituale” che permetta di “resistere alle pressioni del potere”. E’ quanto dichiara lo scrittore Liao Yiwu in un’intervista al quotidiano francesce “Le Monde” in occasione della presentazione del suo ultimo libro.
Liao Yiwu, 57 anni, dal 2011 vive in esilio a Berlino. Ha fatto parte dell’avanguardia cinese della letteratura e della poesia fino al 1989 quando egli ha pubblicato un poema intitolato “Massacro”, rivolto agli autori del massacro di Tiananmen (4 giugno 1989). Arrestato per quattro anni, egli ha potuto conoscere la prigionia e l’esclusione sociale: i suoi libri sono proibiti, anche se sono fra i più diffusi in modo clandestino.

Nel suo libro, “Dio è rosso” egli parla dei suoi incontri con cristiani dello Yunnan, dell’Hebei, di Pechino e di altre zone della Cina. Yao Liwu non si era mai interessato al cristianesimo. In Cina, ancora oggi, fin dall’infanzia si educa a guardare le religioni come una superstizione e come un male; il cristianesimo viene sempre presentato come un’emanazione al servizio dell’imperialismo occidentale e il papa come qualcuno che “cospira” a far cadere lo Stato cinese e il Partito comunista.

L’esperienza della prigione lo ha messo in contatto con cristiani incarcerati (sia cattolici che protestanti) come lui, facendogli scoprire un nuovo settore della popolazione cinese.

Nell’intervista così parla della conversione al cristianesimo: “Nella Cina degli anni 2000, vi era un forte sentimento di insicurezza, di minaccia. Per resistere alle pressioni del potere, non tutti hanno la forza interiore di un Liu Xiaobo [premio Nobel della pace 2010, amico di Liao Yiwu, condannato nel 2009 a 11 anni di prigione per alcuni articoli pubblicati su internet – ndr]. Convertirsi è un modo di cercare un soccorso spirituale. Yu Jie, uno scrittore divenuto celebre negli anni ’90, esausto per le minacce del regime, ha finito per convertirsi, come pure il mio amico Wang Yi. Anche le loro mogli. Per loro è una barriera contro la paura. Del resto, quando essi mi incontravano, i miei amici mi incitavano a convertirmi”.

A tutt’oggi Liao Yiwu non è cristiano, ma è colpito dal coraggio dei cristiani che, perseguitati dal governo comunista, sono rimasti fermi nella loro fede. “Tutti mi hanno impressionato. La loro feroce resistenza per la libertà di credere mi ha molto ispirato. Quella che forse simbolizza meglio questo tipo di combattimento è una vecchietta di più di 100 anni, posseduta da una collera santa. Ed è questa santa collera che la fa vivere: ella vuole battersi fino alla vittoria completa della libertà per la sua religione”.

Secondo Liao Yiwu, il problema della Cina d’oggi è la cancellazione della memoria, l’impossibilità a scrivere la storia. Per questo, prima che scompaiano i testimoni di questi 70 anni di persecuzione, egli ha cercato di testimoniarne l’esistenza e la vitalità.

Quella della testimonianza è divenuta la dimensione fondamentale del suo lavoro. “In un Paese come la Cina – egli afferma – al primo posto viene il dire la verità. Se si mette sulla bilancia la letteratura e la ricerca della verità, la cosa principale è senza alcun dubbio il trovare nello scrivere i mezzi per rendere conto al meglio della realtà”.

La lotta contro le pressioni del potere è però “dura. Se resisti troppo al potere, hai tre possibilità: o sei obbligato all’esilio, o vai in prigione, o devi morire”. Nonostante ciò, Liao Yiwu è critico verso qualche scrittore cinese – anche premi Nobel come Mo Yan – che vedono come inevitabile la censura e vi si sottomettono.

via Asia News