Shahbaz Bhatti

Shahbaz Bhatti nato il 9 Settembre del 1968 a Lahore, è stato un politico pakistano impegnato fin dalla sua giovinezza a favore delle minoranze del suo paese.
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Nel 1985 fondò il movimento All Pakistan Minorities Alliance (Apma: organizzazione rappresentativa delle comunità emarginate e delle minoranze religiose del Pakistan che opera su vari fronti in sostegno dei bisognosi, dei poveri, dei perseguitati) di cui divenne presidente. Fu anche capo del Christian Liberation Front, costituito nel 1998. Laureato in legge, dal 2002 faceva parte del Pakistan People’s Party (Partito Popolare Pakistano) la formazione politica più riformatrice del Paese. Nel 2008 fu nominato ministro per le minoranze, primo cristiano cattolico membro di un governo nella Repubblica islamica del Pakistan, coacervo di integralismo islamico e anti occidentalismo incendiario. All’epoca disse che accettava l’incarico per il bene degli emarginati del Pakistan e che aveva dedicato la propria vita alla lotta per l’uguaglianza umana, della giustizia sociale, libertà religiosa, e per elevare e dare potere alle comunità delle minoranze religiose; aggiunse che avrebbe voluto inviare un messaggio di speranza alle persone che vivono una vita di illusione e disperazione, e dichiarò anche il suo impegno a riformare la legge sulla blasfemia. Durante la dittatura militare (1977-1988), viene infatti approvata la legge contro la blasfemia che punisce ogni offesa all’Islam e a Maometto, una legge in vigore ancora oggi. “Questa legge – diceva Bhatti – è divenuta un mandato di morte per tutti i cittadini non musulmani del Pakistan”.

Ma era dalla fede in Cristo che Shahbaz Bhatti attingeva motivazioni e energia: “Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.”

La sua radicalità lo portava a spendersi totalmente e senza riserve alcune: “Ho deciso di non sposarmi per dedicare tutta la mia vita a Cristo nel servizio dei miei fratelli cristiani perseguitati”…”Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo”.

Ma il nome di questo cattolico laico è diventato un emblema internazionale nel 2011 quando il 2 marzo 26 morì assassinato in un attentato troppo preannunciato per essere smentito dai fatti. La sua battaglia in favore di tutte le minoranze religiose lo aveva condannato a morte agli occhi dei terroristi di Tehrik-i-Taliban-Punjab che ne rivendicarono così l’assassinio: «Così muore chi si rende colpevole di blasfemia».

Una testimonianza cristiana, sociale, culturale e politica di prima grandezza. Additato come modello da Benedetto XVI, “chiedo al Signore Gesù – ha detto il Pontefice – che il commovente sacrificio della vita del Ministro pakistano Shahbaz Bhatti svegli nelle coscienze il coraggio e l’impegno a tutelare la libertà religiosa di tutti gli uomini e, in tal modo, a promuovere la loro uguale dignità”.  Shahbaz diceva “So che morirò assassinato, ma do la mia vita come testimonianza per Gesù e per il dialogo interreligioso” e il Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, così commenta “Lui sapeva [di essere finito nel mirino dei fondamentalisti] , ed aveva già offerto la sua vita. Penso che sia un vero martire”.

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