Globalizzazione: io che c’entro?

8840159-globalizzazione-lente-di-ingrandimento-su-sfondo-con-associazione-diversi-termini-illustrazione-vettIl termine “globalizzazione”, sempre più spesso, è utilizzato per riferirsi prevalentemente ad aspetti economici relativi alle aziende e ai mercati multinazionali, senza considerare invece che la globalizzazione riguarda in primo luogo la persona ed il rapporto che ha con la natura (inquinamento), con gli altri (migrazioni) ma anche con se stessa (aspetti psicologici).

Per alcuni “globalizzazione” è tutto ciò che siamo costretti a fare per ottenere la felicità; per altri è la causa stessa della nostra infelicità. Per tutti, comunque, significa un processo inevitabile (psico-socio-culturale) che ci coinvolge alla stessa misura.

La globalizzazione divide tanto quanto unisce poiché ciò che per alcuni è una conquista, per altri è un destino crudele e non voluto. Essa viene vissuta quindi in condizioni di continua incertezza perché non si è in grado di conservare la propria forma. Sembra che tutto dica “butta ciò che funziona per cercare qualcosa che ti emoziona di più”.Globalization1
Se tutti seguissero questo stile di vita, e quindi di produzione e di consumo tipico dell’Occidente, ci sarebbe bisogno di circa 6 pianeti per poter depositare tutta la spazzatura che 6,5 miliardi di consumatori sfrenati produrrebbero. Il fascino della crescita è che su di essa si fonda la potenza di una nazione ma non si può più continuare su questa strada.

I sostenitori dello sviluppismo considerano il divario Nord/Sud come un problema dei più deboli piuttosto che una responsabilità dei più forti e si adoperano per elevare gli standard di vita degli impoveriti, cioè, vorrebbero elevare la base mentre si tratterebbe piuttosto di abbassare il tetto. È necessario separare il concetto di giustizia dall’idea di sviluppo.
È necessario che lo stile di vita degli sviluppisti non sia preso come “modello di vita” per raggiungere uno standard ideale di giustizia mondiale. Bisogna modificare i nostri comportamenti e i nostri atteggiamenti culturali nei confronti del consumo. È importante capire che l’interesse collettivo (globale) coincide con l’interesse personale (locale).
Il primo passo da compiere è quindi quello di prendere coscienza che il nostro consumo è un fatto che riguarda tutta l’umanità perché esso ha conseguenze planetarie.