Beato Odoardo Focherini
Di famiglia originaria del Trentino, ma per adozione modenese a tutti gli effetti, Odo (come familiarmente chiamato) è una splendida figura di laico, marito e padre, che paga con la vita la sua coerenza cristiana. Per vivere fa l’assicuratore, per apostolato è giornalista (collabora con l’Osservatore Romano e con Avvenire, di cui è anche segretario amministrativo), a tempo pieno è marito affettuoso e padre premuroso di sette figli; sempre, in ogni condizione e stato di vita, è cristiano esemplare. A 17 anni è già responsabile dell’oratorio che prima aveva frequentato, promotore del giornale per ragazzi l”Aspirante” e responsabile di Azione Cattolica. Ha un direttore spirituale stabile e si forma a ideali grandi, capaci di dare senso alla vita. A 18 anni si fidanza con Maria Marchesi e la sposa a 23: gli regalerà sette figli che saranno il suo orgoglio e lo scopo della sua vita. Comunque, non al punto da fargli dimenticare i suoi impegni di apostolato attivo, in primo luogo in parrocchia e poi con la carta stampata, che cerca in qualche modo di conciliare con i suoi impegni di agente della Società Cattolica di Assicurazione.
In tempo di guerra, insieme alla moglie, mette su una postazione “casalinga” per aiutare la gente a mantenere i contatti con i soldati al fronte, ma eroe lo diventa per caso, o meglio ancora per conseguenza, solo nel 1942.
Un giorno si vede affidare un gruppetto di ebrei polacchi dal direttore di Avvenire, che li ha avuti a sua volta in consegna dal vescovo di Genova, con il preciso incarico di provvedere al loro espatrio, in modo da evitare la loro deportazione. Riesce a procurar loro documenti contraffatti ed a far varcare loro il confine della Svizzera. Da quel giorno si perfeziona nella falsificazione di documenti, riuscendo così a salvare la vita a 105 ebrei. All’ultimo, Enrico Donati, porta i documenti in ospedale, a Carpi, ma all’uscita viene prelevato dal segretario del Fascio e accompagnato in questura, a Modena, l’11 marzo 1944. Non ne uscirà più, se non per essere rinchiuso in carcere.
Viene sottoposto ad un solo interrogatorio e, come prova a suo sfavore, gli viene contestata una lettera, in cui afferma di interessarsi “degli ebrei non per lucro, ma per pura carità cristiana”. Sarà il suo unico capo d’accusa, in conseguenza del quale viene trasferito il 5 luglio nel campo di concentramento di Fossoli, successivamente in quello di Gries, vicino Bolzano.
Di questo periodo restano ben 166 lettere indirizzate alla moglie ed ai genitori che riesce a far passare sotto il naso dei tedeschi, facendole arrivare a destinazione evitando la censura: in esse nessun cedimento, nessuna recriminazione per la sua attività clandestina che ha determinato il suo arresto, piuttosto una constatazione: “Se tu avessi visto, come ho visto io in questo carcere, cosa fanno patire agli Ebrei, non rimpiangeresti se non di non averne salvati in numero maggiore”. Sereno sempre, anche se provato nel fisico dalle fatiche, aiuta come può i compagni di prigionia e sono in molti ad affermare di aver avuto salva la vita grazie a lui.
Lo trasferiscono prima a Flossemburg, nella Baviera Orientale, poi nel sottocampo di Hersbruck, dove muore a 37 anni il 27 dicembre 1944. Ad assisterlo nei momenti estremi Teresio Olivelli (del quale è stata avviata la causa di beatificazione e che Odo aveva salvato da morte certa, sfamandolo di nascosto, ovviamente togliendosi il pane di bocca), che prima di morire a sua volta nello stesso campo avrà il tempo di trasmettere le ultime parole dell’amico: “Dichiaro di morire nella più pura fede cattolica apostolica romana e nella piena sottomissione alla volontà di Dio, offrendo la mia vita in olocausto per la mia Diocesi, per l’Azione Cattolica, per il Papa e per il ritorno della pace nel mondo”. Il 10 maggio 2012 papa Benedetto XVI ha firmato il decreto che riconosce il martirio in odium fidei. Tale riconoscimento ha aperto la strada alla beatificazione di Focherini, celebrata a Carpi il 15 giugno 2013.
tratto da santiebeati