Un cuore capace di ACCOGLIERE, delle mani con cui CONDIVIDERE e tanti luoghi, momenti e situazioni in cui poter STARE
Agosto 2016, Bolivia
“Se i tuoi piedi potessero raccontare la tua strada,
tu troveresti più sollievo che nel cercare parole adatte.
Ci sono cose che ci rimangono addosso e non si possono dire
perché sono esperienza, non racconto”.
Padre Luigi Maria Epicoco
Mi piace iniziare questa breve testimonianza con le parole di padre Luigi, perché esprimono al meglio quello che vorrei raccontare, ma che mi riesce davvero difficile dire a parole. E’ passato quasi un mese dal rientro in Italia e, quando mi chiedono come è andata in Bolivia, riesco solo a rispondere “Bene, bene!”.
Ho sempre avuto un desiderio innato di spendermi per il prossimo, di fare qualcosa per “gli ultimi”, ma non ho mai trovato il canale giusto. A giugno dello scorso anno, “per caso”, sono venuta a conoscenza del corso “Giovani e Missione”, organizzato dai frati della Toscana, Umbria, Marche e Lazio e mi sono detta “perché no?”; ecco così che a novembre ho iniziato il corso, articolato in 4 week end e svoltosi a Costano. Il corso non è stato come me lo aspettavo, non mi è stato distribuito alcun libretto di istruzioni, nessuna nozione prettamente pratica su “come fare cosa”; si è trattato per lo più di un modo per entrar in sintonia con gli altri aspiranti missionari, ma soprattutto per interrogarsi sul vero senso della missione cristiana e sul vero e profondo motivo per cui a un certo punto uno decide di dire il suo SI!
I dubbi non sono mancati, specie all’inizio, ma grazie a Dio ad ogni incontro c’è stata una grande abbondanza di Parola che mi ha permesso di fare discernimento, anche grazie all’aiuto dei frati, delle suore e dei fratelli. La notte tra il 18 e il 19 marzo, in Porziuncola, io e gli altri volontari abbiamo ricevuto il mandato missionario e solo allora abbiam avuto modo di conoscere la nostra destinazione. Mi sembrò come se sentissi nominare per la prima volta quello Stato: BOLIVIA!
La maggior parte delle volte che uno sente la parola “missione”, secondo me, la collega all’Africa e si immagina la terra rossa, la savana, le giraffe e gli elefanti, e i bimbi dai capelli cotonosi e i nasini sporchi. Anch’io forse più volte avevo fatto questa associazione di idee. Di sicuro non avevo mai pensato alla Bolivia… che poi, dove si trovava? Proprio non ne avevo idea! Scoprii solo allora, quella notte, che di lì a poco sarei andata in Sud America, insieme ad Anna ed Eleonora.
Nei giorni che seguirono il mandato, feci una scorpacciata di notizie sulla Bolivia: dove si trovava, come si raggiungeva, quali erano le condizioni climatiche, cosa si mangiava, quali erano i rischi di contrarre infezioni, quali i vaccini da fare etc. Insomma, concentrai tutte le mie attenzioni su informazioni utili, è vero, ma non importanti quanto il fatto di realizzare che avevo una grande responsabilità perché Dio, attraverso la sua Chiesa, mi aveva mandato, e aveva voluto proprio me, in una terra straniera e lontana, per testimoniarLo. Come avrei potuto/dovuto fare? Semplicemente STANDOCI!
All’inizio non capivo bene il significato delle parole che più volte al corso avevo sentito dire (“CI DEVI STARE!”), ma una volta terminata la traversata oceanica e atterrata a Santa Cruz, ne capii ben presto il senso. Ero partita, tre giorni prima del mio arrivo, con gli occhi spalancati al mondo e le braccia aperte per ricevere, ma in fondo non sapevo bene cosa aspettarmi, non avevo idea di cosa avrei visto e ricevuto. In Bolivia sembrava come se il tempo camminasse lento, al passo di un bradipo; tutto, ogni singolo istante, andava fatto con calma e soprattutto con fiducia e totale abbandono a Lui! Non sapevi bene quanto tempo ci avrebbe impiegato un autobus a fare il suo percorso, non sapevi quante soste avrebbe fatto o se saresti sceso alla fermata giusta, non sapevi se la strada da percorrere sarebbe stata agibile o meno, se avresti trovato acqua o luce, freddo o caldo, se su quel ponte che dovevi attraversare sarebbe contemporaneamente passato il treno che ti avrebbe costretto a fare la retromarcia più in fretta che potevi… Ogni giorno era una sorpresa, o per meglio dire UN DONO, perché difficilmente riuscivamo a programmare quello che avremmo fatto di lì a poco, o difficilmente riuscivamo a rispettare i pochi programmi fatti. I villaggi sono difficili da raggiungere e tu magari vai lì con uno scopo, un obiettivo, ma spesso ti ritrovi a dover cambiare idea, perché le persone del luogo hanno delle necessità che tu non avevi messo in conto prima o, per esempio, lungo la strada ti trovi a dover dare un passaggio a una donna incinta che tenta di raggiungere a piedi l’ospedale più vicino etc. Dono grandissimo è stato pure il sentirsi accolti, sempre e comunque, con calorosi sorrisi. Mai avrei pensato di trovar dei fratelli così simili a me, con gli stessi desideri, la stessa voglia di vivere, la stessa dignità, ma anche così diversi, per cultura, lingua, modi di fare… Dai boliviani ho appunto imparato ad ACCOGLIERE IL PROSSIMO, cioè la persona che hai accanto, il fratello, quello che ti viene a cercare o che semplicemente ti si presenta davanti, incrociando il tuo cammino. E ho imparato a CONDIVIDERE con il fratello… tutto: un pasto caldo, una coperta, un porro (bevanda tipica, che si beve nei momenti di convivialità), un letto etc.
In quegli sguardi curiosi, dolci, quasi mai preoccupati, ho visto Gesù, che apre le braccia per stringermi in un forte abbraccio, per il semplice fatto che Dio è amore. E mi ama. Così come mi hanno amata quei fratelli, pur non conoscendomi. E così come io sono riuscita ad amare loro, nella maniera più spontanea possibile.
Tutti mi chiedono cosa ho fatto concretamente in questo mese, che è volato. Beh, potrei dire che ho fatto di tutto: il medico, la maestra, l’autista, la cuoca, la compagna di giochi, la sorella maggiore etc. Ma la verità è che ho fatto l’unica cosa per cui davvero mi sono sentita chiamata e ho detto il mio SI: “CI SONO STATA”! Ho rinnovato quotidianamente il mio SI, anche quando non riuscivo a capire delle situazioni, quando volevo ribellarmi agli eventi, quando avrei molto volentieri fatto a modo mio piuttosto che secondo la Sua Volontà. E questo è stato un arricchimento. Ho imparato cosa significa ESSERE GRATI, rendere grazie e non dare tutto per scontato. Ho sciolto il mio cuore all’affetto fraterno, l’ho aperto all’ascolto dell’altro.
Volevo servire “gli ultimi”, e invece mi sono dovuta fare ultima, umiliando e rompendo tutti i preconcetti, gli schemi mentali che mi ero fatta, gli obiettivi che mi ero posta, semplicemente AFFIDANDOMI!
E ora, qui in Italia, a quasi un mese di distanza da questa esperienza, mi sento di ringraziare Dio per il dono che mi ha fatto e per la missione che mi ha affidato, che non si limita solo alla Bolivia (ormai ne sono certa), ma che va estesa ad ogni luogo che visiterò, ad ogni persona che incontrerò, ad ogni minuto della mia vita che passerà.
Spero il Signore voglia darmi un cuore capace di ACCOGLIERE, delle mani con cui CONDIVIDERE i doni ricevuti e tanti tanti tanti luoghi, momenti e situazioni in cui poter STARE, oggi, ora, secondo la Sua Volontà.
Adriana