Portare Frutto

Il corso Giovani&Missione tra qualche settimana prenderà di nuovo il via … la testimonianza di Maria Chiara ci aiuta a capire come cambia il cuore di chi si scopre un Amore più grande.vigna-roda

 

“Non amate per la bellezza, perché un giorno finirà.
Non amate per l’ammirazione, perché un giorno vi deluderà.
Amate e basta, perché il tempo non può far finire un amore che non ha spiegazioni.”

Madre Teresa di Calcutta

Oggi ho “casualmente” intravisto questa frase e i miei occhi vi si sono soffermati senza alcuna esitazione. Sono giorni che i miei pensieri sfociano nella stessa direzione: l’Amore e il Servizio.
Mi viene in mente un sogno che ho fatto qualche settimana fa, non per trovarci un significato particolare nella mia vita adesso, ma sicuramente mi fa riflettere: ero distesa in un letto di ospedale accanto ad un bambino, che ho realmente conosciuto in Brasile, e lo accudivo, stringendolo forte a me, nonostante la febbre alta e una malattia contagiosa. Gli cambiavo le pezze bagnate e lo accarezzavo per farlo addormentare. La cosa che mi è rimasta più impressa è stata lo sguardo di Amore che c’era nei nostri occhi: un Amore gratuito e senza aspettative. Semplicemente stare in quel posto, al mio posto, e Amare infinitamente quel bambino, quella situazione, quel dolore.

Mi sto accorgendo giorno per giorno che qualcosa che mi urtava particolarmente, sta cominciando a farsi spazio nel mio cuore con molta delicatezza. Tutti i giorni rivivo un episodio importante che mi ha segnato durante la missione in Brasile: era il giorno del mio Battesimo, l’8 Agosto, e nel primo pomeriggio Marianna ed io siamo andate con alcuni volontari al progetto di fraternità che le suore hanno in una zona poverissima di Nova Xavantina, in Mato Grosso. Non era la prima volta che andavamo lì, ma quel giorno era diverso: abbiamo aperto l’oratorio della piccola chiesa e ci siamo subito rese disponibili per aiutare i volontari. I giochi erano davvero fatiscenti e arrugginiti, in una saletta dietro la chiesa, Donna Soccorro, una volontaria, ha cominciato a preparare il sugo con i wusterl da mettere nei panini, come merenda insieme al succo di maracuja. Mano a mano i bambini cominciavano ad arrivare e dopo poco si è presentata una bimba di appena sette anni: il suo nome è Estephany. Si è aggrappata a me, tirandomi la maglietta in cerca di attenzione. Abbiamo giocato insieme saltando con la corda e su dei coperchioni di gomma, usati come tappeti elastici, con una bambola rotta e a “nascondino” sullo scivolo. Voleva essere presa in braccio. Cercava il mio sguardo, la mia attenzione, il contatto fisico. Ad un certo punto si avvicina una volontaria, di nome Toninha, e mi dice che Estephany, affidata alla nonna con il vizio dell’alcol, fino a due anni fa non è mai stata lavata da nessuno; è stata lavata la prima volta da questa volontaria nel lavandino dell’oratorio e la piccola, alla tenera età di cinque anni, ha esclamato: “Finalmente un bagno”. Nel frattempo avevo notato anche una protuberanza dura sul braccio di Estephany che mi ha lasciato un po’ perplessa.
Subito ho preso le distanze da quella bambina, non solo fisicamente. Nella mia testa vagavano tantissimi pensieri, come impazziti, ma in un’unica direzione: dovevo preservarmi perché poteva trasmettermi qualche malattia, era sporca e io non dovevo starle vicina. Umanamente ho provato rifiuto nei confronti di quella bimba. Inoltre, alla fine della merenda avevamo dato ai bimbi delle caramelle e molti di loro avevano buttato le carte per terra: in quel momento mi sono arrabbiata molto e li ho richiamati perché non era rispettoso comportarsi così. Si spintonavano tra di loro, scaraventavano le biciclette sui giochi, rompendoli. Perché dovevo avvicinarmi a loro?
Ritornando a casa avevo tanti pensieri che mi hanno scombussolato e anche fisicamente non mi sono sentita bene, mi sentivo svenire, avevo la pressione molto bassa. Provavo tanta incomprensione e mi ripetevo: “Perché questi volontari continuano a venire qui, ad offrire il loro tempo e il loro servizio ogni sabato, se poi in questi bambini non si vede un margine di miglioramento? Non sono capaci neanche di buttare la carta delle caramelle nel cestino … Cosa vengono a fare qui se poi questi bambini non crescono nell’educazione e nel rispetto? Il mio giudizio è prevalso anche qui. Non mi capacitavo di una cosa simile.
Sono uscita dalla camera per prendere un po’ d’aria e ho incontrato sr. Marcilene, con cui ho scambiato quattro parole. Ad un certo punto sono scoppiata in lacrime e sono andata in cappella, inginocchiandomi di fronte al Santissimo. In quel momento il Signore mi aveva messo in ginocchio. Fino ad allora, nonostante la consapevolezza, avevo continuato a tenere le redini della mia vita, ma in quell’istante la mia autosufficienza è crollata. Le mie ragioni sono svanite. I miei giudizi si sono smaterializzati. Il Signore mi aveva letteralmente messo a tappeto, come mai mi è capitato durante le gare di karate. In quel momento si è fatta spazio nel mio cuore un’altra logica, la logica di Dio. Ho cominciato a benedire la perseveranza di queste suore, di questi volontari che puntualmente ogni sabato vanno ad aprire l’oratorio e a preparare la merenda a questi bimbi. Cos’ è che li spinge a dedicarsi pienamente a questo progetto? Il motore di Tutto: l’Amore! Non esisteva la logica del cambiamento, del fare qualcosa per vedere i risultati, ma la logica dello STARE. Esserci nella pienezza e nell’Amore con Passione. La loro missione è portare frutto, non risultato: il frutto ha dentro di sé il seme, ha il profumo e il gusto dell’eternità.
Questa è la Bellezza di cui mi sono innamorata: una Bellezza che non appassirà mai, perché è eterna.

E’ un Dono grande che il Signore mi ha fatto vivere e toccare con mano: è difficile trasmetterlo agli altri e a volte penso che alcune cose debbano rimanere nella mia intimità di ciò che ho sperimentato con Lui.

Qualche tempo fa ho partecipato alla missione in preparazione al matrimonio di Simone ed Elena a Carignano, un paese vicino Torino e durante la veglia, in cui c’era l’Adorazione alla Croce, Gesù mi ha voluto consegnare una frase: “Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). Questa frase la rileggo tutti i giorni ed è per me: senza Gesù porterò risultato, ma non frutto. Padre mio il desiderio più grande che ho è quello di portare frutto per amare gli altri, di vivere consumandomi, spezzandomi per il mio prossimo, per chi Gesù vorrà donarmi.
Desidero che la mia vita sia come quella pezza: sprecata, consumata, vissuta per Amore, profumata di nardo, il profumo dell’eternità!