Ultimi saluti africani di fr Emanuele Gelmi
Carissimi e carissime, “mbote na bino” (buongiorno a voi)!
Vi scrivo dalla casa dei frati di Makabandilou nella capitale Brazzaville ormai alla conclusione del capitolo della Fondazione dei frati minori del Congo. In questa importante riunione durata ben una settimana e mezzo i frati hanno parlato di tutto quello che riguarda la Fondazione: a che punto è arrivata, quali sono i lati forti e quali i deboli, le certezze del presente, gli errori del passato da cui
imparare e le speranze per un futuro migliore sempre più al servizio di Dio e del prossimo. Si è poi eletto il nuovo presidente della Fondazione, il nuovo consiglio e si sono infine formate le nuove fraternità con diverse novità ed alcune conferme.
Ci eravamo lasciati a Makoua, il ridente villaggio sull’equatore, dove ho passato la maggior parte del mio tempo in questi otto mesi di permanenza in Africa. Ebbene da tre settimane ho abbandonato la mia postazione al centro del mondo insieme al mio guardiano padre Loris per poter partecipare, nel convento di Djiri a pochi km dalla capitale, dapprima ad una settimana di formazione e poi al Capitolo
suddetto anche se a quest’ultimo io ed il mio confratello fr. Andrea abbiamo contribuito solo preparando per un paio di volte la pizza per tutti i 20 frati capitolari!
Andiamo tuttavia con ordine.
Gli ultimi due mesi a Makoua sono stati particolarmente intensi per una serie di lutti che ci hanno colpito: una maman ed un papà ai quali portavo la Comunione sono saliti al Cielo, dolore grande per i momenti passati insieme in questi mesi, ma lenito dalla consapevolezza che, data la loro veneranda età, avevano vissuto la loro parte di tempo su questa terra. Sono state altre due morti a segnarmi profondamente: la prima quella di maman Cecile, ministra dell’Ordine Francescano Secolare con la
quale avevo creato un bel legame di amicizia e collaborazione; un attacco di cuore l’ha sottratta all’affetto del marito Robert, dei figli (tra cui il mio amico Stany), delle figlie e dei nipoti. La seconda quella di maman Virginie, giovane figlia della terziaria maman Victorine alla quale anche portavo l’eucarestia settimanalmente; un malore improvviso ha messo fine alla sua vita lasciandoci tutti con tanto dolore e molte domande nel cuore.
La gente del posto affronta tuttavia con grande coraggio questi eventi grazie anche al fatto che tutta la famiglia si riunisce insieme per pregare (se cristiana) e per sostenersi in questi momenti delicati. La tradizione africana è ricca di atteggiamenti e di pratiche che il congiunto/a del/la defunto/a deve assumere per un certo periodo di tempo prima di poter tornare ad una vita normale: ecco quindi che per esempio il marito rimasto in vita deve andare, per un mese, cinque volte al fiume a lavarsi, deve dormire fuori dalla casa (di solito nella cucina esterna) su di uno stuoino, non può salutare le persone dando la mano destra ecc… tutto ciò affinché l’anima della moglie non resti legata a questo mondo. Le pratiche per la donna che rimane in vita sono ancora più restrittive, per 6 mesi non può uscire di casa, ma questo limite è già una conquista visto che una volta era più di un anno!
Non desidero tuttavia soffermarmi sulle usanze locali in questo ambito visto che spettano più ai sociologi che ad un frate, ma voglio invece dire che queste occasioni mi hanno permesso di passare più tempo con i Makouensi e di conoscere meglio la loro cultura, le loro usanze ed il loro modo di pensare cosí da poterli rispettare maggiormente e giudicarli di meno come troppo spesso mi è capitato. Questo passare tempo con loro ha creato legami più forti e dire arrivederci a tutti prima della partenza dal villaggio non è stato facile, ma di fondo c’era la serenità di chi ha condiviso insieme con
gioia ed in verità un tratto di cammino. Ci siamo quindi ringraziati gli uni con gli altri sicuri che, se Dio vorrà, un giorno ci rivedremo di nuovo, più maturi e con altrettanta voglia di fare.
Il tempo a Makoua è stato sempre scandito dall’immancabile preghiera comunitaria e dall’intenso lavoro svolto con fr. Andrea per risistemare la casa e renderla più accogliente e confortevole: ecco allora che ci siamo dati da fare per costruire un po’ di mobilio, per ripitturare tutte la camere ed i bagni e per recuperare dalla Parrocchia quei piccoli oggetti francescani come crocifissi, icone e bacheche che tanto ci fanno sentire a casa ^_^ Non sono mancati i nostri famosi giri in bici nella savana e nella foresta alla scoperta del territorio e degli animali del posto e, udite udite, perfino un turisticissimo giro in piroga (a motore) sul grande fiume che attraversa Makoua, un’esperienza bella ed immortalata da foto e video!
Per quanto riguarda la salute: grazie a Dio la malaria mi ha lasciato abbastanza in pace, ma non si può dire lo stesso del mio guardiano Loris e del volontario italiano Nino che abita con noi: il primo ha raggiunto il record di 56 compresse contro la malaria in una serie di sei trattamenti differenti consecutivi prima di assumere delle flebo di chinino (il medicinale più efficace, ma anche il più forte e problematico per il fegato) che l’hanno finalmente guarito per bene. Il secondo invece ha rischiato molto quando una malaria molto resistente gli ha fatto salire la febbre quasi a 40 e il medico è dovuto intervenire con ben 5 flebo del chinino suddetto, non esagero dicendo che il buon Nino ha davvero qualche santo che lo guarda dal paradiso!
Un altro momento significativo per la nostra fraternità di Makoua è stata la visita di padre Massimo, mio maestro di noviziato ed ex provinciale della provincia umbra, in qualità di visitatore generale della Fondazione; il suo compito è stato quello di incontrare tutti i frati nei vari conventi, di ascoltarli e di fare una sintesi di tutte le discussioni da portare al Capitolo successivo. Il suo arrivo è stato una buona occasione per rinsaldare i vincoli fraterni tra di noi, per appianare piccoli attriti e per guardare al presente con oggettività. Quello che ho infatti sperimentato quest’anno in una fraternità composta solo da due frati è stata proprio la difficoltà di giudicare con oggettività le relazioni che intercorrevano tra me ed il mio guardiano; un’altra persona può davvero dare quella “terza dimensione” alla fraternità per vedere le cose sotto una prospettiva più completa.
Prima di salutarvi ancora due chiacchiere per spiegarvi come la famosa “Legge di Murphy” (o della sfortuna) colpisca anche qui in Africa. Ad agosto abbiamo fatto il biglietto di andata e ritorno, 7 ottobre – 4 giugno, con un’agenzia di Assisi, nessun apparente problema fino a quando la settimana scorsa con Andrea abbiamo mandato una mail, “per scrupolo” come ci siamo detti, alla suddetta agenzia per verificare la data di rientro. Che sorpresa nel leggere la risposta dell’operatore che ci diceva che il ritorno era fissato per il 4 luglio e non per il 4 giugno! Evidentemente sconvolti da questo fatto siamo andati a controllare la stampa dei dati definitivi dei voli , e quale disdetta!, non era scritto 4 JUI bensí 4 JUL… subito abbiamo capito l’errore di lettura della sigla dovuto al fatto che la nostra conoscenza del francese era ai tempi davvero scarsa… tuttavia qualcosa non quadrava, possibile che fossimo stati cosí sprovveduti? Ben ricordavamo infatti come in tutta la corrispondenza e-mail con l’agenzia (conservata previdentemente nelle nostre caselle di posta elettronica) avessimo sempre scritto 4 giugno e non 4 luglio. Alla fine l’agenzia ha riconosciuto le sue colpe, un errore sicuramente dovuto ad una svista o a qualche intoppo nel sistema (lo stesso resonsabile era attonito da questo fatto, mai gli era capitata una cosa simile!). Ci si prospettavano varie opzioni di rientro, non voglio dilungarmi oltre, ma solo dirvi a cosa siamo giunti come conclusione: io rientrerò in Italia il 6 giugno con un nuovo biglietto pagato dall’agenzia ed Andrea ritornerà il 4 luglio con il biglietto già acquistato.
È dunque questa la mia ultima mail africana, una volta in Italia quest’estate resterò tranquillo per fare un po’ di sintesi in vista del proseguio del mio cammino, intanto voglio ringraziare innanzi tutto il Signore Gesù che mi ha chiamato a seguirlo nella via francescana, poi i miei formatori che hanno avuto fiducia in me ed hanno “osato” mandandomi in Africa per vivere un’esperienza indimenticabile che mi ha fatto crescere umanamente e spiritualmente, sono certo che vedrete un Emanuele diverso da ora in poi; il mio grande grazie va anche ai frati africani e non che mi hanno accolto in loco e mi hanno aiutato piano piano a scoprire sempre di più questo strano, ma affascinante mondo africano. “Je n’oublie pas mon frère et ami Andrea” con il quale ho condiviso gioie e dolori di questi mesi, e non dimentico certo i miei genitori e mio fratello che mi hanno sempre incoraggiato e stimato per questa scelta di vita, grazie anche alla mia seconda famiglia, quella dei frati, che mi ha sostenuto con la preghiera cosí come tutti voi che avete pensato a me e mi avete aiutato con la vostra preghiera o con una buona parola, che…
…Mokonzi apesa bino boboto! – il Signore vi dia pace!
Con amicizia ed affetto,
fr. Emanuele