I Martiri dell’Amore

Proponiamo la riflessione di Antonio, uno dei ragazzi che ha partecipato al corso missionario e che ha vissuto
un periodo di missione in Congo con sua moglie Fernanda lo scorso Natale.

“… se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24)

E’ questo il grande dono che mi ha fatto l’Africa, il senso profondo di queste parole non mi è stato mai così chiaro come nei giorni trascorsi a Brazzaville (capitale del piccolo Congo).
Ho toccato con le mie mani, e visto con i miei occhi, come uomini e donne di Dio consumino giorno dopo giorno la loro esistenza donando la vita al prossimo, non solo in senso figurato ma anche in quello letterale. Capita a volte che si muoia di morte violenta o di malattia per testimoniare l’amore di Dio per i propri fratelli.
Questi uomini e queste donne sono quelli che noi tutti chiamiamo Missionari e se qualcuno mi chiedesse oggi cosa fanno, risponderei senza indugio che, come Gesù Cristo il venerdì Santo, portano sulle spalle la Croce di quella parte dell’umanità che gli è stata affidata.
In pochi giorni e in un lembo di terra di pochi chilometri, ho ascoltato storie, conosciuto persone e visto cose che mi hanno mostrato più che in tutta la mia vita come “il verbo si è fatto carne” ed il Vangelo possa diventare realtà a duemila anni dalla morte di Cristo in Croce.
Ho sentito di un Frate morto ucciso mentre serviva gli ultimi del mondo e come la sua morte abbia scosso talmente tante persone qui in Italia da far nascere a Brazzaville una grande oasi nel deserto per accogliere i ragazzi di strada di “Ndako ya Bandeko” . In lingua locale, il Lingala, “la casa dei fratelli” o meglio, come dice Fra Adolfo, “la casa di tutti” .
Ho conosciuto un altro Frate combattere tutti i giorni contro la malaria e la corruzione locale ed un ragazzino di 13 anni stare affianco al suo letto tutta la notte ed ancora un ragazzone di 22 anni chiamarlo papà.
Ho ascoltato in nunziatura, all’indomani di un sanguinoso tentativo di colpo di stato con oltre 400 morti, le parole di una suora minuscola che diceva: “il Signore mi ha suggerito le parole giuste per parlare a quegli uomini anche con un fucile piantato nel fianco”. Il tutto mentre era ostaggio nel suo convento trasformato in un avamposto di guerra e ridotto ad una groviera, “anche i vestiti nell’armadio erano pieni dei buchi delle pallottole”.
Ho visto due suore Francescane, ultrasettantenni e con mille problemi di salute, costruire entusiaste una casa d’accoglienza per bambine e ragazze in difficoltà.
Ho accompagnato per centinaia di chilometri in giro per Brazzaville, in minivan colmi all’inverosimile, una volontaria, tanto magra da volar col vento, nel suo giro quotidiano tra orfanotrofi e centri di accoglienza per aiutare migliaia di bambini di ciascuno dei quali ricorda il nome. Ho visto dove vive in centro città, ho visto dove fa la spesa, ho visto il suo cuore immenso strabordare  dal suo fisico minuscolo.
Ho ascoltato un Padre Colombiano, che dopo 20 anni d’ Africa sta perdendo tutti i denti, fare progetti per il futuro con la freschezza di un ragazzino ed accudire come un padre tutti chiunque capitasse al suo fianco me compreso.
Un giorno questo frate, soprannominato “Bogotà”, mi ha detto col suo francese effettato “mangia se no l’Africa ti mangia”, si riferiva al riso, al saca saca ed alla manioca, ma oggi, a mesi di distanza, mi accorgo come questi uomini e queste donne si stiano facendo mangiare giorno dopo giorno come il Corpo di Cristo sull’altare.
In Congo per la prima volta in vita mia ho sentito parlare, quasi come una chiacchiera da bar, di Vocazione al Martirio come fosse una possibilità reale da considerare la mattina quando ci si sveglia.
In questa parte del mondo i concetti di vita e di morte sono molto più nitidi rispetto al nostro mondo occidentale, per cui la possibilità di una morte violenta per amore di Cristo è una possibilità reale benché non così frequente, per fortuna.
Forse, credo, quello che questi frati e queste suore meditavano nel profondo dell’anima era qualcosa di diverso, un martirio meno violento ma altrettanto degno di Santità; un lento continuo ed inesorabile consumarsi, un morire a poco a poco come il chicco di grano nella terra.
Questi uomini e queste donne, Missionari, per me sono i Martiri dell’Amore, interpreti moderni della Croce di Cristo e della Resurrezione della Carne nei fratelli cui donano la Vita.

Grazie di Esistere!

Antonio