Antonio: “Sono partito cercando di essere come un foglio bianco, ora questo foglio è pieno all’inverosimile”
“Ora, o Signore mi pongo davanti a te come un foglio bianco, disposto a tutto cancellare e a tutto riscrivere, daccapo, lentamente, con fatica. Mi pongo come creta nelle mani del vasaio: fa’ di me il vaso che vuoi, modellami. Se vuoi, rimpasta quel vaso che finora sono stato. Dammi altra forma, altro contenuto. Mi pongo come un bambino davanti a te, che sei mio Padre; come un povero che attende di essere ricoperto, sfamato, dissetato; come un cieco che attende di essere guidato e guarito” – Don Andrea Santoro
Solo oggi dopo sette mesi dal rientro a casa (mio e Fernanda, mia moglie) provo a scrivere qualche parola su quest’esperienza. Non è per niente facile riassumere la pienezza e l’intensità di quei quaranta giorni e quaranta notti trascorse nel piccolo Congo.
Sono partito cercando di essere “come un foglio bianco”: libero da pregiudizi, aspettative e programmi ed ora che sono tornato a casa questo foglio è pieno all’inverosimile, ho difficoltà a leggere quello che c’è sopra.
Non ho scritto da solo su questo pezzo di carta, tante mani e tanti cuori hanno contribuito a riempirlo, non tutte le grafie sono chiare ma credo che con un po’ di attenzione potrò leggere e decifrare tutto, capire non so.
Hanno scritto per me i ragazzi di “Ndako ya bandeko” col loro sorriso, la loro allegria el’infinita voglia di gridare al mondo che esistono;
Hanno scritto i frati Adolfo, Aime, Blaise ed Italo;
Hanno scritto i volontari come la piccola grande Maria Grazia,
Hanno scritto le suore di Sant’Antonio, testimoni di come piccole donne facciano grande il mondo;
Hanno scritto le “maman” ed i “papa” accogliendoci in casa loro;
Hanno scritto gli alberi della foresta ed i cespugli della savana col loro fruscio di vita;
Hanno scritto i fiumi ed i torrenti col suono dell’acqua che a volte scorrere lenta, a volte impetuosa;
Hanno scritto le strade e le piste con la loro polvere;
Hanno scritto Antonio e Fernanda col loro esserci e basta;
Hanno scritto tanti angeli neri di cui ricorderò sempre il volto.
Sto con lentezza rimettendo in ordine tutti questi appunti e mi accorgo ogni volta che provo a scrivere che devo “cancellare e tutto riscrivere” perché non sono più lo stesso di prima di partire ma nemmeno quello degli incredibili giorni di Grazia a Brazzaville.
Devo ammetterlo, la nostra permanenza nel piccolo Congo è stata una grandissima Grazia che il Signore ci ha concesso, mi reputo veramente fortunato ad aver avuto la possibilità di trascorrere un pezzettino della mia vita in quel paese e soprattutto con le persone che ho incontrato. Sono sicuramente più ricco di prima e non è scontato nella vita avere la possibilità di viaggiare, capire e conoscere.
I sentimenti che provo oggi sono sconvolgenti e l’impressione è che il Signore stia facendo “un vaso” di una forma strana che ancora non si riesce a comprendere, forse perché la creta è fluida, un po’ ribelle e non si lascia sempre “modellare” come vuole il Vasaio.
Se non avessimo mai visto la mamma fare la pizza sarebbe difficile immaginare cosa possa uscire fuori da un bicchiere d’acqua ed un mucchietto di farina.
Bene in questo momento mi sento come quel bimbo che vede per la prima volta la mamma fare l’impasto della pizza; un po’ incredulo, curioso forse, ma soprattutto impaziente di vedere cosa uscirà fuori.
Probabilmente ciò che è avvenuto laggiù “lo capiremo solo vivendo”. Comunque adesso non ho paura, aspetto che l’impasto avrà riposato e la massa avrà lievitato.
L’assurdità e la bellezza di quello che i miei occhi hanno visto, la profondità delle parole che ho ascoltato, l’intensità degli occhi che ho incrociato voglio immaginare stiano facendo l’effetto del lievito nella farina e ad Antonio e Fernanda non resterà che condire ed infornare la pizza per gli amici una volta che la pasta sarà cresciuta.
Mbote na bino yoso (salute a tutti voi, come diceva sempre l’amico Jonatan)